Una targa in ricordo del prof. Lino Palmeri
Cinque anni fa moriva il prof. Lino Palmeri, fondatore e coordinatore per più di 10 anni (1974-1986) della Sperimentazione scolastica nell’Istituto “L. Stefanini” di Venezia-Mestre. Negli scorsi anni un comitato di docenti e di ex-studenti (che avevano insegnato e studiato in quegli anni “sperimentali”) hanno tentato di far intitolare “Liceo Lino Palmeri” l’attuale “Liceo Stefanini” –con il consenso del Consiglio d’Istituto e del Collegio dei Docenti- ma prima la miopia politica della maggioranza del Consiglio Comunale di Venezia, poi la caduta rovinosa della Giunta Orsoni hanno fatto naufragare il tentativo. Allora il comitato ha ripiegato sull’iniziativa di far affiggere una targa commemorativa nell’atrio della scuola affinché ricordi ogni giorno agli attuali studenti e docenti dell’Istituto la personalità e l’opera del prof. Palmeri.
Il 17 marzo 2016, alle ore 17,30, alla presenza delle Autorità scolastiche, dei docenti, degli studenti la targa sarà affissa. Con questo articolo io, che per anni sono stato collaboratore del prof. Palmeri e poi- dopo il suo pensionamento nel 1986- coordinatore dei corsi sperimentali, provo a spiegare all’opinione pubblica alcuni aspetti del suo lavoro così prezioso.
Quando nacque la “Sperimentazione” allo Stefanini. Erano gli anni 1973-’74 e nelle scuole veneziane, come in tutta Italia, c’era un’atmosfera vivacissima di lotte e di contestazioni. Il clima generale era di rivolta politica e sociale: gli esiti del 1968, le sue ricadute nelle fabbriche e nella società avevano generato una grande volontà di cambiamento. Nella scuola l’attesa generale, di docenti studenti famiglie, era per una Riforma degli studi e degli ordinamenti che sottolineasse anche un’esigenza di palingenesi generale, una sorta di rivoluzione culturale e morale. Si aspettava dal Parlamento e dalle iniziative dei partiti e dei sindacati la spinta decisiva per questa riforma tanto attesa.
In quel contesto così travagliato l’idea del prof. Palmeri fu del tutto antitetica a questa impostazione. La sua esigenza era quella di partire dal basso, da un’esperienza piccola ma concreta, e provare così –piano piano- a cambiare il modo di fare scuola e di stare a scuola. Si può dire che Palmeri volesse ripetere laicamente l’esperienza di don Milani a Barbiana: ma a Barbiana don Lorenzo era solo e poteva contare solamente sulla sua personalità carismatica pur in mezzo a enormi difficoltà; a Mestre Palmeri doveva poter riunire attorno a sé –di necessità- un numero di collaboratori vasto e articolato (per competenze di insegnamenti), coordinarlo e armonizzarlo senza troppe laceranti frizioni.
L’iniziativa non era per niente semplice da realizzare. Anzi, ai più sembrava quasi impossibile. In primo luogo andava contro le idee dominanti nel turbolento movimento della contestazione: esse insistevano tutte su una riforma generale della scuola italiana e disdegnavano piccole localizzate esperienze che erano giudicate insignificanti e marginali. Poi occorreva riunire un gruppo di docenti di tante diverse discipline e convincerli della bontà e della fattibilità del progetto (docenti che dovevano necessariamente provenire da molte scuole diverse e che Palmeri voleva fossero di orientamenti ideologici e culturali diversificati). Ancora: era necessario convincere almeno una cinquantina di famiglie, nel territorio metropolitano di Venezia e dell’hinterland, desiderose di affidare i loro figli e figlie a questi pionieri della formazione educativa, andando contro la sicurezza culturale e organizzativa dei Licei tradizionali. Bisognava ancora superare le perplessità dei docenti delle Scuole medie di Mestre e dintorni, diffidenti di ogni nuova idea, ancor più se sperimentale. Infine –e non era in assoluto la cosa più facile- si doveva ideare e scrivere il progetto (disciplinare, interdisciplinare, metodologico, organizzativo) del nuovo Biennio Unitario di Scuola Superiore, con le indicazioni puntuali delle materie dell’Area Comune e delle Opzioni di Indirizzo, elaborarne le linee programmatiche e gli obiettivi educativi, e farselo approvare e autorizzare dal Ministero della Pubblica Istruzione. Ultimo ostacolo, e non il più semplice, era quello di riuscire a convincere la maggioranza dei docenti dell’Ist. Magistrale “L. Stefanini” affinché dessero la loro approvazione ed autorizzassero l’avvio dell’esperienza.
Lo sviluppo della “Sperimentazione”. Questo faticoso lavoro di preparazione durò più di un anno. Finalmente nel settembre del 1975 l’esperienza cominciò a realizzarsi con due classi prime, cinquanta alunni, in un disagio gravissimo di sedi, suppellettili, dotazioni (appartamenti in affitto, stanze fatiscenti, mancanza di laboratori attrezzati, ma si sa, le vere rivoluzioni si fanno con pochi mezzi). Solo un grande entusiasmo, tante idee e volontà missionaria. Una frase di Eraldo Affinati sintetizza bene quei primi anni: “Educare significa ferirsi. Bruciarsi le mani”. Nel 1977, con l’avvio del Triennio, le sezioni divennero strutturalmente tre: quindi 15 classi, quattro Indirizzi pre-professionali (Linguistico, Socio-pedagogico, Scientifico, Linguistico Aziendale), due Ricerche interdisciplinari strutturate, nuovi progetti di struttura curriculare e autonome linee programmatiche delle discipline di studio, un numero crescente di iscrizioni, un costante e coerente aggiornamento della progettazione settimanale (ne fanno fede i quattro volumi a stampa pubblicati negli anni), un reclutamento dei docenti fondato sul Comando poliennale replicabile e sul filtraggio di un Comitato Scientifico. Nel 1982, con l’aiuto prezioso del Consiglio comunale di Venezia e della sua Giunta, finalmente i Corsi Sperimentali ebbero la loro nuova sede in via del Miglio: un plesso luminoso e polifunzionale, debitore per intero all’impegno del prof. Palmeri, non solo nella sua intelaiatura intellettuale ma anche nella sua logistica materiale. E’ la sede attuale del Liceo Stefanini.
Non c’è modo –in un breve articolo- di dar conto della bontà e della complessità della Sperimentazione allo “Stefanini”: sostanzialmente essa è durata venti anni, dal 1975 al 1996, ha coinvolto centinaia di docenti e migliaia di studenti, ha pubblicato cinque volumi a stampa (l’ultimo, del 1996, con il titolo: “Istituto Stefanini. Vent’anni di Sperimentazione”, Supernova editrice, pp. 375), ha prodotto centinaia di migliaia di pagine ciclostilate che hanno testimoniato i lavori di progettazione e di esecuzione di tutti i protagonisti, ha visto lo “Stefanini” promotore di un Comitato di Coordinamento delle Scuole Sperimentali italiane che ha realizzato convegni di studio tematizzati in tutto il Paese e che, alla fine, è stato coinvolto dal Ministero della P. I. nella discussione e nella stesura dei progetti Brocca sulle linee di riforma della Scuola Secondaria Superiore a metà degli anni Novanta del secolo scorso. Di un dato siamo stati particolarmente orgogliosi: riuscire a sviluppare processi reali di apprendimento nella quasi totalità degli studenti, partendo da livelli d’ingresso molto disomogenei e con un ricorso molto contenuto alla selezione. Una “produttività” intesa perciò come la capacità della nostra scuola di permettere al maggior numero possibile di alunni di raggiungere buoni risultati, in rapporto agli obiettivi prefigurati, recuperando i più deboli e innalzando i più dotati.
Di tutto questo il prof. Lino Palmeri è stato l’ideatore, l’instancabile organizzatore, il paziente tessitore, in una dialettica tra le sue idee personali e il lavoro di un collettivo, tra la lucidità di una teoria e la fatica di una trascrizione didattica nella vita scolastica di tutti i giorni, in una comunità “mite e democratica”, in un’esperienza di studio e di insegnamento che tutti noi abbiamo giudicato anticipatrice e profetica.
Questo ricordo vuole essere il nostro piccolo testardo ringraziamento.
Gennaro Cucciniello