Lady Hamilton, la donna che sedusse Horatio Nelson
Umili origini e bellezza ipnotica. Moglie di un ambasciatore, amante dell’ammiraglio di Trafalgar. Ma anima nera dei massacri borbonici napoletani del 1799.
Nel “Venerdì di Repubblica” del 13 novembre 2015, alle pp. 120-121, è pubblicato un articolo di Paola Sorge sulla personalità di questa donna, moglie dell’ambasciatore a Napoli di Sua Maestà britannica.
Che donna questa my fair lady del Settecento! Di umili origini, costretta a lavorare a tredici anni a Londra come bambinaia, ebbe come pigmalioni due lord inglesi, fu ritratta centinaia di volte da pittori celebri, imparò a cantare e a suonare il clavicembalo, divenne quadro vivente esibendo con grazia e disinvoltura il suo corpo sinuoso, creò attitudes in movimento in cui si trasformava in ninfa, in dea, in sibilla, in musa, cambiando –in rapida sequenza- foggia, movenze, espressioni. Goethe ne restò incantato e la descrisse nel suo “Viaggio in Italia”; il pittore Tischbein dichiarò che Emma Hart, questo il suo nome, era “una bellezza che si vede raramente e l’unica che io abbia mai visto in vita mia”; Haydn scrisse per lei, che aveva voce da soprano, una cantata in onore dell’ammiraglio Nelson, la Nelson-Arie.
Una mostra a lei dedicata dalla Casa di Goethe a Roma, voluta dalla direttrice, Maria Gazzetti, e curata da Dieter Richter, ne ricostruisce la storia attraverso documenti inediti, quadri, incisioni, disegni, biografie romanzate di ieri e di oggi, come “L’amante del vulcano” di Susan Sontag del 1992 (di cui si terrà una lettura) e persino spezzoni di film come “Il grande ammiraglio” del 1941, con Laurence Olivier e Vivien Leigh.
La vita di questa cenerentola del Settecento ha per molti versi l’andamento di una favola, popolata com’è da aristocratici, artisti, poeti e eroi di guerra stregati dal suo fascino; accorrevano a Napoli, dove Emma viveva con l’ambasciatore britannico Sir William Hamilton, attratti da una terra dove il passato non passava, anzi risorgeva splendidamente grazie agli scavi di Ercolano e di Pompei che, a metà Settecento, riportarono alla luce figure mitiche di ninfe, dei ed eroi raffigurati negli affreschi e sui vasi greci di cui Lord Hamilton, collezionista di ferro, faceva incetta. Un immaginifico principe tedesco, Francesco di Anhalt-Dessau, dopo essere stato ospite di Sir William, creò nel suo piccolo regno, sul ramo orientale del lago del parxco di Woerlitz, una versione in miniatura del golfo di Napoli, vulcano e teatro greco inclusi, oltre a una copia di Villa Emma a Posillipo.
La bacchetta magica che portò la futura Lady Hamilton nelle alte sfere era il suo particolare tipo di bellezza. Purissimo profilo greco, labbra carnose, capelli fluenti, corpo da Venere di Milo, Emma sembrava uscita da una casa di Pompei o dall’atelier di Fidia; con grazia e naturalezza creò particolari performances in cui si ispirava alle figure dell’antichità classica, rinnovò il mito di Galatea diventando lei stessa quadro e statua vivente, e in queste interpretazioni venne a sua volta ritratta dai pittori del suo tempo. Con una veste di leggera mussola bianca e un velo o uno scialle indiano, che di volta in volta faceva da turbante, da gonna, da mantello, l’amante inglese di Sir William Hamilton si trasformava magicamente in una delle dodici danzatrici pompeiane con tamburello, nella Sibilla Cumana, in Andromaca, in Elena, nelle eroine delle tragedie greche. Nei primi tempi si esibiva in una sorta di cabina alta circa due metri, con grande cornice dorata: così la videro Goethe e Tischbein nel 1787. Come in un film muto, Emma, nelle sue attitudes, trasmetteva emozioni e passioni.
La sua vita, quantomeno avventurosa, fu breve e intensissima. Quando, nel 1786, arriva da Londra a Napoli, Emma ha appena 21 anni e non immagina lontanamente la vita da sogno che l’aspetta; non sa nemmeno che il suo amante, Charles Greville, nipote di Sir William, con il quale è stata tre anni, l’ha “ceduta” allo zio senza dirglielo. In realtà il giovane aristocratico, pieno di debiti, si vuole “sistemare” sposando una donna ricca e dunque deve sbarazzarsi dell’amante. Lord Hamilton, 56 anni, sulle prime rifiuta l’offerta, teme il ridicolo. “Immagina come si divertirebbero i giovani viaggiatori inglesi se potessero far becco il loro anziano ambasciatore”, scrive al nipote. Ma poi cambia idea. Di fronte alla bellezza di Emma cade in estasi; per lei perde la testa infrangendo ogni regola di bon ton, l’accoglie nella sua dimora, la porta con sé in gita, ai ricevimenti ufficiali e, d’estate, nel Casino a mare a Posillipo (che ancora esiste); la mostra ai suoi amici artisti con la stessa fierezza con cui esibisce la sua strepitosa collezione di vasi antichi. Per lui questa donna così allegra, dolce, così sorprendentemente somigliante alle figure dell’antichità classica da lui collezionate e amate, è una insperata ventata di giovinezza, un hermaion, un dono del cielo. Lei invece, bel lontana dal cinico fair play dei suoi amanti, appena sbarcata a Napoli tempesta Greville di lettere imploranti, poi gli esprime tutta la sua rabbia (“Sono furiosa! Greville, come puoi –tu che eri geloso anche dei miei sorrisi, consigliarmi di andare a letto con lui…”).
Infine tutto s’aggiusta, Sir William e Emma diventano una coppia perfetta. Si sposano nel 1791. Durante le campagne vittoriose di Napoleone Lady Hamilton diventa confidente della regina di Napoli Maria Carolina, viene plagiata dal suo odio contro i francesi (che hanno giustiziato la sorella, Maria Antonietta), “cospira” contro Napoleone, sarà complice della spietata repressione borbonica della repubblica partenopea del 1799. Nel 1798, colpo di scena: Emma conosce l’ammiraglio Nelson reduce dalla vittoria di Abukir, ne diventa l’amante e Sir William accetta filosoficamente il ménage à trois, con grande scandalo dei benpensanti; da Nelson Lady Hamilton ha una figlia, tenuta segreta, Horatia. Nel 1800, dopo oltre trent’anni a Napoli, Hamilton viene richiamato a Londra. E’ un viaggio trionfale: con Emma e con l’amante traversa tutta l’Europa; ad Amburgo i tre vengono accolti da grandiosi festeggiamenti in onore del vittorioso ammiraglio inglese.
Con il secolo dei lumi si spegne anche l’astro di Lady Hamilton. Dopo la morte del marito (che non le lascia i suoi averi) e quella di Nelson, a Trafalgar, nel 1805, Emma muore in povertà dieci anni dopo, a cinquant’anni. Immortale come una dea, vivrà per sempre nei ritratti, nelle lettere, nei libri su di lei, nella delicata rosa color tè che oggi porta il suo nome.
Paola Sorge