L’arte cristiana vista da occhi islamici

L’arte cristiana vista da occhi islamici

Un Gesù di scuola botticelliana che ricorda i mistici sufi. Francesco d’Assisi, amico del sultano. Uno scrittore musulmano studia la fede degli “altri”. Attraverso la bellezza.

 

Nel “Venerdì di Repubblica” del 20 ottobre 2017 è stato pubblicato, alle pp. 134-135, questo articolo del critico d’arte Tomaso Montanari. Navid Kermani è nato nel 1967 in Germania da genitori iraniani. Romanziere e saggista, è considerato uno dei più influenti intellettuali tedeschi. Marsilio pubblica il suo “Lo stupore e la bellezza” (traduzione di Francesco Peri, pp. 320, euro 27).

 

“Se c’è qualcosa che ammiro nel cristianesimo –o più esattamente nei cristiani la cui fede ha fatto qualcosa di più che persuadermi, cioè mi ha obbligato a dare loro ragione, disarmandomi completamente-, se dovessi citare un solo aspetto, una caratteristica esemplare dalla quale ricavare un filo conduttore, non sceglierei l’arte sacra, che pure amo tanto, non sceglierei la raffinata civiltà cristiana, con la sua musica e la sua architettura, non sceglierei questo o quel rituale, per quanto ricco di significati. Sceglierei quella forma specificamente cristiana dell’amore che non si rivolge soltanto al prossimo inteso come il più immediato entourage del credente. Anche in altre religioni si predica l’amore, e il fedele è invitato a mostrarsi misericordioso, premuroso, conciliante. Eppure l’amore che ho ritrovato in molti cristiani, specialmente in quelli che hanno scelto di consacrare la loro vita a Gesù, cioè nei monaci e nelle religiose, travalica la misura dell’amore che un uomo può esprimere anche senza richiamarsi a Dio. E’ un amore senza distinzioni”. Basta forse questo passaggio di “Lo stupore e la bellezza” (Marsilio) per far capire quanto sia prezioso il punto di vista dello scrittore tedesco Navid Kermani, uno degli intellettuali di fede islamica più importanti d’Europa.

Il libro appartiene a una nobile tradizione occidentale: è una raccolta di ecfraseis, cioè di traduzioni verbali di opere d’arte, e più in generale di immagini, legate alla tradizione cristiana. Non è un libro di storia dell’arte, tuttavia: la cronologia, le attribuzioni, la bibliografia non sono quelle che trovereste in un libro di divulgazione scientifica. In compenso, ci trovate qualcosa di più essenziale e profondo: uno sguardo capace di costruire il famoso “dialogo” tra culture. Non il dialogo esteriore, o meglio la rappresentazione del dialogo attraverso convegni e proclami, ma un fitto dialogo interiore tra una singola coscienza umana e un’intera tradizione culturale.

Kermani parte da un’immagine. Un quadro, una scultura, una vetrata, un oggetto di culto: ma anche un video, o una fotografia. E’ quest’ultimo il caso della struggente parte in cui si descrive la persona e l’opera di Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito in Siria nel 2013, al quale è riferita la lunga citazione di apertura. Il ritratto di padre Dall’Oglio segue quelli dedicati a san Pietro o a san Francesco, al rango dei quali è innalzato da uno specialissimo, anzi unico, amore: “l’amore nei confronti dell’Islam”.

Kermani ci guida quindi lungo una galleria di specchi che, rovesciando le opere dell’arte nostra, ce le restituiscono più parlanti e più vive, oltre a permetterci di capire qualcosa della logica di quegli specchi, cioè della cultura dell’autore.

Uno dei passaggi più impressionanti riguarda un bel “Cristo che va al Calvario” eseguito nello studio di Botticelli a Firenze nel 1490-’91: “di fronte a quel giovane Gesù in tunica rossa non ho potuto fare a meno di pensare a una serata che ho trascorso a Lahore nel cimitero di un santuario del XIII secolo, a quel richiamo incessante che degli uomini in estasi lanciavano ruotando sul loro asse, Jhulelal, capelli lunghi come il loro maestro, abiti lucenti, catenine al collo, orecchini ai lobi, fasce intorno alla fronte. Anche il Cristo in rosso di Botticelli è dipinto come un re di bellezza, e il suo corpo è talmente sottile, talmente flessuoso, che non ho potuto fare a meno di prenderlo per un danzatore intento a vorticare sul proprio asse: un danzatore rosso, per l’appunto. Anche i sufi, mentre giravano su loro stessi, tenevano il busto ruotato e il collo voltato da una parte”.

Il libero gioco delle forme, delle assonanze, delle associazioni cromatiche conduce Kermani a meditare sulle affinità dei contenuti e sui rapporti storicamente accertabili: “soprattutto nel sufismo, dove tra tutti i profeti Gesù è presentato come l’incarnazione dell’amore mistico-erotico. Senza dimenticare l’attributo che il Corano e perfino l’arabo colloquiale associano al nome di Gesù, al-Masih: il Messia. Tanto è vero che non sarebbe del tutto improprio parlare di un cristianesimo sui generis tutto interno all’Islam”. Una lettura eterodossa? Forse, ma –nota a ragione Kermani- “l’interpretazione dei Vangeli proposta dai mistici musulmani non è più arbitraria di quella di molti teologi cristiani”.

L’ultimo capitolo del libro riguarda un veneratissimo cimelio cristiano: uno dei due autografi di san Francesco, la chartula, conservata ad Assisi, su cui il Poverello vergò la celebre benedizione a frate Leone. Kermani racconta il suo incontro con questa piccola pergamena, sulla quale –mentre in Occidente si organizzava una crociata contro gli infedeli- Francesco componeva le lodi del Dio Altissimo sulla falsariga del “rosario” islamico che aveva conosciuto durante il viaggio alla corte del sultano, con il quale aveva stretto amicizia. Il piccolo disegno con cui Francesco orna il simbolo del Tau, spesso interpretato come un autoritratto o come il ritratto di frate Leone, potrebbe essere invece proprio un ritratto del sultano, un imperituro segno di un’amicizia ecumenica.

Un legame forte come quello tra Kermani e l’”amico cristiano” che dialoga con lui nel corso del libro, e che, fissando il disegno della chartula, risponde di vedere solo “una fragola di bosco, o una mora”. “Sei proprio un po’ carogna”, ribatte l’autore, con la sua costante, leggera autoironia: che non è l’ultima dote di un libro capace di strappare ad un immaginario di terrore e inimicizia il cruciale rapporto tra cristianesimo e islam.

 

                                               Tomaso Montanari