Lontano dal Paradiso Eva è ancora più bella.
Gisleberto (?), “La tentazione di Eva”, bassorilievo in pietra, 1130 circa. Museo Rolin. Autun (Francia).
E’ tenace, questa sensualissima Eva. Dopo circa 630 anni che si trovava al suo posto, in cima al portale nord della cattedrale di Autun (Borgogna, Francia), venne smontata. Correva allora il 1766, e l’arte che oggi chiamiamo romanica non piaceva per nulla: anzi, sembrava sgraziata, grossolana, primitiva. Un po’ barbarica. Così i buoni preti della cattedrale la vendettero come pietra da costruzione. Finì murata in una casa privata della stessa città: e cento anni più tardi, quando ormai quella scultura strana ricominciava a piacere, fu scoperta per caso, durante lavori di ristrutturazione. E così, nel 1910, Eva fu salva: non più considerata buona solo a reggere un muro, ma esposta, con tutti gli onori, in un museo.
Oggi siamo molto felici che sia andata così: perché questa figura ci pare un’opera stupefacente. Non sappiamo bene chi l’abbia creata. Il suo stile –cioè il modo in cui è stata scolpita, la sua forma- è lo stesso delle sculture del timpano che sovrasta il portale principale della stessa cattedrale di Autun. E sotto quelle figure meravigliose, sorelle e fratelli della nostra Eva, una complicata scritta in latino dice, tra l’altro: “Gislebertus hoc fecit”. Cioè: “Gisleberto ha fatto tutto questo”. Siccome in quel periodo era davvero molto raro che gli artisti firmassero le loro opere, noi oggi ci chiediamo se quel Gisleberto fosse lo scultore, o invece fosse colui che pagò per quelle opere (un ricco, un prete, un potente). E’ una delle tante cose che non sappiamo: e che potremmo anche non sapere mai, se un qualche documento non verrà, miracolosamente, a sciogliere l’enigma.
Di tutto questo la nostra Eva non si dà pensiero. Sopravvissuta a ogni traversia, è sempre lì: col suo sguardo sornione da fumetto dei nostri tempi. E’ impegnata in un’azione drammatica, in verità: ha appena colto il frutto dell’albero del bene e del male, e lo sta passando ad Adamo, che si trovava scolpito dall’altra parte (ma la sua figura nel frattempo è andata perduta: si sa, i maschi sono sempre meno resistenti). Tra un attimo, dunque, i primi due esseri umani saranno cacciati dal paradiso terrestre. Ma nulla ci parla di questo dramma imminente. Invece, Eva sembra nuotare in fondo al mare, tra le alghe e i coralli, con la corrente che le spinge indietro i suoi capelli lunghissimi. Sorride, Eva. E ha gli occhioni spalancati: verso un futuro che non le fa paura. Fuori dal paradiso, la vita continua. Bellissima.
Tomaso Montanari
(articolo pubblicato nel “Venerdì di Repubblica” del 3 novembre 2017)
Fin qui il commento affettuoso di Montanari. Io, impressionato dalla modernità di questa scultura, aggiungerei qualche altra notazione. Eva si allunga con profilo sinuoso all’interno dell’Eden. Con la mano sinistra coglie il frutto proibito, con l’altra sostiene la testa, che volge pensosa dall’altra parte. Non sembra cosciente del suo peccato, né delle conseguenze del suo operato, ma è distratta da pensieri lontani. Lo scalpello indulge nel ritrarre la bellezza conturbante del suo corpo, la morbidezza del modellato, il fremito vitale che percorre e fa palpitare l’epidermide. L’andamento del corpo ricorda volutamente quello del serpente che l’ha indotta al peccato. La raffinata trattazione della superficie si carica di valori pittorici nella descrizione della capigliatura, percorsa da sottili incisioni parallele, e degli alberi da cui pendono fiori e frutti carnosi. L’artista è riuscito a sfruttare abilmente l’esiguo spazio a disposizione, delimitandolo inferiormente con una pesante cornice rettilinea, che costituisce un piano d’appoggio per il corpo di Eva, e arretrando lo sfondo. Crea in questo modo uno spazio profondo e abitabile, all’interno del quale distingue tre piani: il corpo della donna che si allunga sinuoso tra la pianticella in primo piano e quella che compare alle sue spalle, contro uno sfondo liscio. In questa coerente costruzione spaziale crea un gioco di ritmiche e lineari corrispondenze, dove il sinuoso profilo di Eva intesse trame preziose con i fusti ondulati degli alberi.
Mi piace legare questa scultura ai rilievi che, bellissimi, caratterizzavano i capitelli della navata maggiore della chiesa di S. Lazare, sempre ad Autun. A volte il loro racconto si fa vivace, ricco di particolari e capace di narrare con tono lieve la storia sacra. Lo scalpello ritrae, per esempio, lo smarrimento dei magi davanti a Gesù bambino: uno non osa avvicinarsi e s’inginocchia, l’altro solleva la corona dal capo per rispetto, il terzo svela il cofanetto che ha in mano, quasi per divertire e sorprendere il bambino. Un altro capitello figura in maniera commovente il sonno dei re orientali che, spossati dal viaggio, dormono posando le teste coronate sullo stesso cuscino. Un angelo li richiama alla loro missione, svegliando col leggero tocco di un dito quello che gli è più vicino, mentre l’altro apre appena un occhio e il terzo continua a dormire. Di rincontro, c’è anche Giuda impiccato, circondato e tormentato da due diavoli.
Gennaro Cucciniello