Viaggiare su Marte? Attenti agli enormi pericoli!
I peggiori ostacoli: raggi cosmici e assenza di gravità
Quando nel 1969 due esseri umani atterrarono sulla Luna, sembrava l’inizio di una nuova era di esplorazione, in cui presto avremmo viaggiato verso le stelle. Si dava per scontato che l’esplorazione spaziale sarebbe stata inarrestabile e veloce, come la diffusione dell’Homo sapiens sul nostro pianeta. Invece, a mano a mano che gli studi sui veicoli spaziali procedono, che si scoprono migliaia di pianeti nella galassia, oceani sotterranei nel sistema solare, ci si rende conto che questa esplorazione da fantascienza forse non partirà mai.
Cinquant’anni di studi fatti sulle stazioni orbitanti hanno mostrato che nello spazio gli esseri umani si trovano in una condizione che danneggia gravemente il loro organismo.
Una prima fonte di pericolo è rappresentata dalle particelle cosmiche, emesse dal Sole e dall’esplosione di stelle nella galassia. Sulla Terra siamo difesi dal campo magnetico che le intrappola nelle Fasce di Van Allen, evitando alle cellule viventi malattie e mutazioni genetiche. Ma viaggiando nello spazio, l’esposizione cresce con il tempo. Se occorrono alcuni mesi per raggiungere Marte con un’astronave attuale, si ha un’alta probabilità di insorgenza di tumori. Nessun essere cosciente affronterebbe un viaggio sapendo di non sopravvivere o di tornare gravemente ammalato. Si stanno studiando scudi magnetici, ma la loro dimensione aumenterebbe di molto la massa del veicolo da lanciare, con costi proporzionalmente alti in termini di energia.
Si è scoperto inoltre che l’assenza di gravità nello spazio crea effetti a lungo termine altrettanto gravi. Per miliardi di anni piante e animali si sono adattati a una forza che determina l’alto e il basso. La struttura scheletrica e l’apparato muscolare servono a vincere il proprio peso; le radici e le foglie delle piante si orientano in base alla direzione del centro di gravità; i pesci nuotano sfruttando il principio di Archimede, con la spinta idrostatica verso l’alto; persino animali e piante microscopiche dipendono da essa. Sulla Luna la gravità è il 17% rispetto a quella terrestre, su Marte il 38. Sulla stazione spaziale il bilanciamento tra la forza di gravità terrestre e quella centrifuga dell’orbita è un milionesimo rispetto al suolo.
Gli effetti immediati di questa assenza sono sintomi simili al mal di mare (mal di spazio) e, a lungo andare, atrofia dei muscoli, osteoporosi, e così via, alla cui base c’è uno stress ossidativo che agisce a livello cellulare sui mitocondri. Il loro malfunzionamento per effetto dello stress spaziale (particelle cosmiche, diffusione dei liquidi in microgravità) si ripercuote su tutto l’organismo: muscoli, ossa, cuore. All’inizio il fegato compensa i problemi, poi non riesce più a regolarne le funzioni. Nel caso di due gemelli studiati, quello rimasto nello spazio per un anno mostrava segni di invecchiamento maggiori di quello rimasto sulla Terra. Questi effetti non sembrano essere completamente compensati né dall’attività fisica né dalla dieta alimentare. Vivere a lungo su un pianeta a gravità diversa, anche se schermati dalle particelle cosmiche in basi sotterranee, produrrebbe danni a lungo periodo sui colonizzatori. Anche la riproduzione animale appare alterata. Tutti gli animali che si riproducono per uova, in assenza di gravità, possono perdere l’asse di simmetria da cui si genera la spina dorsale, con embrioni malformati. Lo stress ossidativo, causato sulla Terra da inquinamento o ansia, induce problemi alla fertilità e può rendere impossibile allevare animali e generare una prole.
Potrebbe darsi che anche in presenza di una forza di gravità inferiore, come su Marte e sulla Luna, lo stress da spazio possa impedire la lunga permanenza sul pianeta. Si può riprodurre la forza di gravità su veicoli spaziali ruotanti attraverso la forza centrifuga, ma poi gli esploratori non potrebbero restare a lungo sulla superficie di un pianeta o satellite. Avrebbe senso a quel punto creare delle colonie umane permanenti?
Giuseppe Galletta
L’articolo è stato pubblicato ne “La lettura”, supplemento culturale del Corriere della Sera dell’11 aprile 2021, a pag. 15