Così nascono e muoiono le città
Ne “La Lettura”, supplemento culturale del Corriere della Sera, è stata pubblicata, il 4 aprile 2021, un’intervista di Livia Capponi allo storico e archeologo inglese Greg Woolf, autore del saggio “Vita e morte delle antiche città. Una storia naturale”, Einaudi, pp. 606, € 35.
E’ “Una storia naturale” il sottotitolo del nuovo, affascinante studio di Greg Woolf, “Vita e morte delle antiche città”, uscito quest’anno per i tipi di Einaudi. Storico dell’antichità classica, Woolf unisce la conoscenza dei testi greci e latini a metodi tratti dalla demografia e dalle scienze sociali, innalzandosi a volo d’uccello sopra l’intera storia dell’urbanizzazione antica, dai mutevoli rifugi dei Neanderthal e dei Sapiens durante gli intervalli fra le glaciazioni, fino all’ascesa e alla caduta degli imperi eurasiatici. Con un tono aperto, discorsivo, basato su di un impressionante dominio di una massa di dati interdisciplinari, Woolf passa in rassegna archeologia, storia, demografia delle città del “Mare di Mezzo” come se stesse studiando una colonia di termiti o la formazione della barriera corallina. Non per celebrare questa o quella città, ma per indagare le strategie utilizzate nei secoli per affrontare problemi ambientali globali, come cambiamenti climatici, carestie, pestilenze… Nulla di più attuale all’epoca del Covid.
Woolf puntualizza che non siamo di fronte a una parabola ideale: il fenomeno-città è sorto per caso e relativamente tardi. Da quando siamo scesi dagli alberi, noi, grandi scimmie onnivore abituate a vivere ammassate le une sulle altre, abbiamo sviluppato una capacità di adattamento agli ambienti e ai climi più diversi, che ha favorito l’aggregazione in comunità governate da regole sociali e inclini a inglobare altri individui come noi o di altra specie (il cane, il gatto, i bovini). Dotati di un talento naturale per l’amicizia, estendibile anche a entità astratte come gli dèi, non siamo mai stati in armonia con l’ambiente, che abbiamo depredato con tecnologie sempre più avanzate.
Perché riscrivere proprio ora la storia della città antica? Sono state trovate nuove fonti di informazione, o nuovi metodi per capirle?
L’archeologia sta fornendo molte più informazioni sulle prime città di quelle che abbiamo potuto consultare finora, e ha persino fatto emergere alcune antiche civiltà che erano sconosciute ai più soltanto una generazione fa. Una delle più importanti fonti di informazione è la bio-archeologia: possiamo identificare le piante mangiate, e anche coltivate, all’interno delle città antiche; sappiamo di più sulla salute dei loro abitanti, e dall’analisi del Dna antico stiamo addirittura incominciando a conoscere di quali malattie soffrissero le popolazioni urbane.
Perché sorsero le prime città? Sono da considerarsi come il punto d’arrivo di una civilizzazione?
Le città sono apparse in molti posti diversi in tutto il pianeta solo poche migliaia di anni fa. Sono invenzioni più recenti rispetto all’agricoltura o agli attrezzi di pietra, ma non sono sicuro che esse possano essere viste come il culmine di una civilizzazione. Le città offrono soluzioni a una varietà di problemi, come per esempio l’organizzazione della difesa, oppure la strategia da adottare di fronte a problemi ambientali complessi; tuttavia esse portarono anche nuovi problemi, come una dieta più povera e maggiori disuguaglianze sociali. Non c’è dubbio che la nostra specie ha intrapreso una traiettoria urbana –più della metà di noi vive già in grandi città ed entro la fine del secolo la popolazione urbana sarà ¾ di quella totale- ma questo non significa che il nostro stile di vita sia superiore a quello dei nostri antenati o delle persone che non vivono nelle città.
Parlando di stile di vita: la città antica era sostenibile?
Noi studiamo le città che sono sopravvissute, e che per definizione riuscirono a essere sostenibili per un tempo sufficiente a lasciare monumenti, opere d’arte, a volte testi scritti. Alcune città scomparirono dopo pochi secoli, ma il più delle volte trovarono il modo di funzionare e sopravvivere nel contesto del loro ambiente. Nel mondo mediterraneo antico, per esempio, le città erano piccoli centri che fornivano protezione contro le avversità climatiche e le carestie. Solo poteri militari forti potevano aiutare la sopravvivenza di popolazioni superiori a qualche migliaio di persone. Queste grandi città investivano in granai e altri modi di immagazzinare il cibo, progettavano acquedotti e cisterne, costruivano strade e porti che avrebbero attirato i commercianti. Erano tuttavia vulnerabili a minacce esterne, come terremoti o eruzioni vulcaniche. Grandi pestilenze causavano molta sofferenza, sebbene non moltissimi danni nel lungo periodo. Alcune città, come Roma e Atene, furono sorprendentemente resilienti, e abitate continuativamente per circa tremila anni. Persino città distrutte in assedi sanguinosi si risollevarono in una o due generazioni. Le città antiche erano straordinariamente resilienti e dure a morire.
Greg Woolf