E’ giusto ricorrere all’omicidio per fermare un dittatore?

Pugnali, ghigliottine e veleni anti-tiranno

E’ giusto ricorrere all’omicidio per fermare un dittatore? Le risposte che si è data l’umanità. Dagli antichi ad oggi.

 

Nel “Venerdì di Repubblica” del 1 aprile 2022, alle pp. 124-125, Simone Mosca intervista e commenta in un articolo la pubblicazione del saggio, “Uccidere il tiranno” (Salerno, pp. 180), di Aldo Andrea Cassi, professore ordinario di Antropologia giuridica e storia del diritto all’Università di Brescia.

 

E’ uscito senza alcuna malizia, per caso, alla vigilia della guerra di aggressione della Russia di Putin all’Ucraina. E’ un libro veloce e ben scritto ma che forse in tempi normali (purtroppo) avrebbe eccitato soprattutto le aule universitarie specializzate o certi colti e riflessivi lettori in cerca di una documentata ricognizione accademica ordinata con arguzia. E invece adesso “Uccidere il tiranno. Storia del tirannicidio da Cesare a Gheddafi” (Salerno editrice) si porta nel titolo una suggestione ricorrente e sediziosa, al limite del proibito, malefica e liberatoria. Come se davvero un libro potesse rispondere alla terribile domanda che anche la coscienza più mite si è posta e si pone di fronte all’irrazionale violenza di stampo autoritario, davanti cioè al capriccio devastante e funebre del dittatore, che trascina sudditi e nemici alla rovina: non sarebbe in fondo giustificabile farlo fuori?

“Dipende”, non conferma ma non esclude Aldo Andrea Cassi, l’autore. “Ma chiediamoci: cos’è anzitutto un tiranno?”

Nato a Milano 63 anni fa, ordinario di Antropologia giuridica e storia del diritto all’Università degli studi di Brescia, Cassi esplora per mestiere le radici della prepotenza al governo e dei modi con cui nel tempo si è pensato di poterla eradicare (oppure no). Con le buone e soprattutto con le cattive.

Cassi, lei la prende alla lontana.

Fu Archiloco, nel VII secolo a.C., a parlare di tirannide riferendosi a Gige, tracotante signorotto della Lidia, in Asia Minore. Ma la verità è che la definizione non aveva allora un’accezione per forza negativa. Con tirannide, termine di origine esotica e straniera, si volle a lungo indicare un assetto politico di stampo orientale, in cui potere e ricchezza concentrati nella singolarità al vertice avevano giustificazione divina. In seguito la materia si è fatta scivolosa ed è diventata una peculiarità della civiltà occidentale porsi il problema di definire giuridicamente la tirannia. Il diritto è lo schema interpretativo, limitato e volubile, con cui abbiamo deciso di stabilire la liceità del tirannicidio. Un’ossessione secolare su cui si sono esercitate le migliori menti.

La tirannide è nata dunque ad Est?

Sì, ma come ben sappiamo si è diffusa ovunque, subdolamente. E’ ad esempio fuorviante cantare soltanto la purezza della democrazia greca. Ci scordiamo di Nietzsche, dimentichiamo l’elemento dionisiaco, l’oscuro che si cela sin dai tempi di Atene dietro l’apparente giustizia della democrazia. Pensiamo a Solone, che vantandosi di aver accontentato il popolo intero, finì in verità per scontentare tutti aprendo la strada alla tirannide di Pisistrato.

Sono però le Idi di marzo romane che a lungo hanno fatto scuola in materia di tirannicidio.

Come scrivo, per circa 1700 anni il cesaricidio ha rappresentato il modello ideale cui riferirsi volendo o meno giustificare l’eliminazione dell’uomo al potere. Tuttavia si tratta di un precedente ambiguo. Se Cesare, che senza dubbio aveva intrapreso una strada autoritaria, fosse stato ucciso da Bruto e compagnia per il peccato di tirannia, alla sua morte avremmo visto abrogare le sue decisioni. E invece non solo si proseguì nel solco di Cesare come se non fosse accaduto nulla, ma al presunto tiranno vennero tributati all’istante onori e celebrazioni. Si trattò dunque di un omicidio scaltro che mirava ad evitare la guerra civile, non alla restaurazione della democrazia.

La svolta è stata la Rivoluzione francese?

Sì, quando con un processo farsesco e molto contestato –perché le leggi appena promulgate si considerarono retroattive- il sovrano venne giudicato colpevole in quanto tale. Diciamo che questo fu il primo tirannicidio moderno.

Tante tirannidi moderne si sono nutrite di largo consenso democratico all’inizio.

In realtà le tirannie di ogni tempo hanno sempre cercato consenso, magari ex post, dopo l’instaurazione, consapevoli che senza si è destinati a durare poco. Da Pisistrato a Mussolini, la disperata fame di legittimazione popolare è una costante.

All’eliminazione dei tiranni si è provveduto sia con complotti interni che con interventi stranieri.

I complotti interni, Bruto a parte, sono stati piuttosto rari, quasi mai baciati dal successo. Machiavelli sosteneva anzi che le congiure ideate da più di quattro cospiratori erano destinate a fallire, troppe fughe di notizia. E pensando poi alla celebre operazione Valchiria con cui si cercò di uccidere Hitler, i cospiratori non agirono tanto per evitare la tragedia della Shoah ma piuttosto perché, da anziani militari prussiani, si erano sentiti scavalcati dalle nuove gerarchie. L’eliminazione dei tiranni per intervento esterno è iniziata in seguito alla scoperta delle Americhe. Si ragionò allora sulla giustificazione della conquista sostenendo che l’intervento avrebbe liberato i popoli selvaggi dalle pratiche di cannibalismo e dalla schiavitù. Sappiamo come andò, ma fu in qualche modo la prima volta che si affacciò il concetto di diritti umani.

Quello che più ci interessa.

Sicuramente, da Norimberga in poi. La definizione di tiranno sempre andata per la maggioranza era quella ex defectu tituli, l’usurpatore. Oggi si combatte il tiranno ex parte exercitii, in quanto cioè ha agito superando i limiti della legalità. E’ il concetto chiave con cui ad esempio, seppure con evidenti interessi geopolitici, ci siamo permessi di agire in Iraq o in Libia. E’ chiaro che ora di fronte a Putin ci stiamo ponendo lo stesso problema.

Putin, già prima dell’aggressione all’Ucraina, lei lo inseriva con Xi Jinping, Erdogan e Kim Jong-un tra i potenti passibili dell’accusa di tirannia.

Per ragioni evidenti ma senza voler per forza creare un elenco di tiranni contemporanei di cui augurarmi l’eliminazione. Il mio non è un saggio ad personam.

Certo, ma di fronte all’Ucraina, rispondiamo finalmente alla domanda: sarebbe giusto? Ce lo potremmo perdonare?

Se fosse l’ultima spiaggia, se servisse davvero a scongiurare mali ancora più gravi salvando così innumerevoli vite, sì, sarebbe giusto, legalmente tollerabile.

 

Simone Mosca                                    Aldo Andrea Cassi