Wiligelmo e Nicholaus nella cattedrale di Piacenza

La mano di Wiligelmo a Piacenza

La cattedrale della città è stata fondata nel 1122, giusto 900 anni fa. Nel suo cantiere si trovano tracce di due officine straordinarie.

 

Si possono ritrovare dentro una cattedrale, quella di Piacenza fondata 900 anni fa nel 1122, tracce dell’officina di Wiligelmo, il maggiore scultore degli inizi del XII secolo? Cominciamo dalle origini, da Santa Giustina, cattedrale precedente l’attuale, distrutta dal terremoto del 1117, la cui posizione, dentro o a fianco della cattedrale attuale dedicata a Santa Giustina e a Maria è un argomento di discussione. Ma la storia della cattedrale di Piacenza, costruita ex novo dopo il terremoto, pone subito alcuni problemi. Chi la edifica, con quale progetto, e quali sono le figure, o la figura guida, del cantiere di questa chiesa dove sono all’opera certamente due diverse officine? Nel portale minore nord di facciata, quella di Wiligelmo; nel portale centrale e nel portale sud di facciata Nicholaus, con ogni probabilità l’architetto della cattedrale stessa.

Questi due protagonisti, Wiligelmo e Nicholaus, sono i principali attori del racconto scolpito e della rivoluzione architettonica, il primo agli inizi del XII secolo, il secondo fra la fine degli anni Venti e il quarto decennio. Il primo scolpisce a Modena alla cattedrale, dal 1099 al 1106, data della consacrazione dell’edificio e dove opera ancora almeno per una decina d’anni; il secondo inizia forse alla Sagra di san Michele in val di Susa alla fine del secondo decennio e poi è attivo, come è stato suggerito (Lomartire), alla cattedrale di Cremona.

Cominciamo dall’architettura: la cattedrale di Piacenza ha una planimetria densa di significati simbolici che la collega ad altri monumenti. La grande chiesa ha tre navate e un transetto amplissimo che si articola anch’esso su tre navate; si tratta di una planimetria che ritroviamo nel Duomo di Pisa progettato da Buscheto nel 1064, e che vediamo poi al Duomo di Parma edificato tra la fine del secolo XI e il 1106-1120 circa, e ancora al Duomo di Cremona fondato nel 1107 e ricostruito dopo il terremoto del 1117.

Insomma ecco un intreccio singolare, tre cattedrali –Parma, Cremona e Piacenza- pensate a tre navate con transetto, echi naturalmente del Duomo di Pisa, una fabbrica imponente che evocava programmaticamente l’antico e la basilica paleocristiana di San Pietro a Roma.

Ecco quindi il primo problema: chi ha progettato la cattedrale di Piacenza? A Modena opera l’officina di Wiligelmo e un architetto, Lanfranco, è il grande progettista del monumento che però non ha transetti; a Parma la struttura con transetto, iniziata dalla zona absidale a fine XI secolo e proseguita dal 1106 grazie all’impegno del vescovo Bernardo degli Uberti, ha una vicenda diversa, dove lo scultore principale di decine di capitelli, il Maestro dei Mesi, è lo stesso che ritroviamo al pulpito di Sant’Ambrogio a Milano. La cattedrale di Cremona è il monumento dove inizia ad operare Nicholaus come scultore e che poi si sposta sul cantiere di Piacenza. Quindi esiste un rapporto preciso fra le vicende architettoniche della cattedrale di Cremona, dove è attivo lo stesso Wiligelmo a fianco di Nicholaus, e la cattedrale di Piacenza dove i tre portali di facciata sono assegnati, quello a settentrione all’officina di Wiligelmo, il centrale e quello sud a Nicholaus stesso.

La critica, dopo gli studi di Angiola Maria Romanini, ha ipotizzato, con Bruno Klein autore della monografia fondante della ricerca sulla cattedrale, che i transetti sono parte del primo progetto, quindi uno dei grandi temi del dibattito è proprio la struttura originaria della fabbrica che però non è stata costruita in pochi anni, ma è stata realizzata nel corso di generazioni con l’aggiunta alla navata centrale della copertura a volte, forse a fine XII o inizi del XIII secolo.

Ebbene proprio lungo le navate minori, sia a nord che a sud, un importante e ancora poco studiato sistema di capitelli mette in evidenza un fatto singolare: i capitelli delle semicolonne addossate alle pareti della navata minore nord sono opera dell’officina di Wiligelmo, quelli in controfacciata e lungo la parete della navata minore sud sono dell’officina di Nicholaus. Insomma, i due scultori si dividono l’insieme della fabbrica, quelli dell’officina di Wiligelmo il fianco nord in corrispondenza del portale settentrionale di facciata, quelli dell’officina di Nicholaus il lato sud e la controfacciata.

Proviamo a vedere qualche immagine e una sopra tutto, quella del terzo capitello del fianco nord, particolarmente importante. Essa mostra al centro un mascherone in veduta frontale dalla cui bocca esce un tralcio, e ai lati alcune figure demoniche caratterizzate da lunghe orecchie. Il capitello cita il mascherone al centro dell’architrave del portale di facciata della cattedrale di Modena, opera di Wiligelmo, a sua volta precisa evocazione di un mascherone romano. Dunque Wiligelmo, o la sua officina, attivo a Piacenza? Il lato sinistro e destro dello stesso capitello con il mascherone sulla fronte, il primo con figura seduta, uccello e sfinge, il secondo con sfinge, scimmia e a destra un telamone barbuto sono importanti. Il telamone evoca il Pantocratore delle Storie della Genesi in facciata al Duomo di Modena scolpite da Wiligelmo e ancora il Pantocratore di Nonantola, opera di Wiligelmo e della sua officina. Un altro esempio della stessa officina è il terzo capitello del lato nord con mostro caudato al centro e ai lati due sfingi, diretta evocazione di altre sculture wiligelmiche, ad esempio i semicapitelli all’esterno del Duomo di Modena.

Osserviamo adesso i due capitelli dei salienti in controfacciata, il primo con Davide che taglia la testa a Golia, il secondo con la lapidazione di santo Stefano. In tutti e due vediamo un preciso racconto, come quello del portale sud in facciata, opera di Nicholaus: ecco corpi diversamente modellati, volti allungati, un mondo diversissimo da quello legato al mondo antico di Wiligelmo. La stessa officina di Nicholaus scolpisce ancora i capitelli dell’intero lato meridionale della navata minore del Duomo di Piacenza.

Che cosa suggerisce questa divisione di compiti fra le officine all’interno della cattedrale di Piacenza? Prima di tutto che l’officina di Wiligelmo, dopo Nonantola, Modena, Cremona, opera ancora a Piacenza, ma che qui, a Piacenza, proprio Nicholaus, che scolpisce gran parte del lato sud e del transetto meridionale, è il progettista dell’edificio che con la sua planimetria a croce tanto si distacca da quella a tre navate parallele e senza transetto della cattedrale di Modena e che riprende la planimetria della cattedrale di Cremona, di quella di Parma, di quella di Pisa. La pianta a croce è simbolo del martirio del Cristo ma anche evocazione della basilica paleocristiana di San Pietro.

I monumenti medievali riservano dunque sempre nuove sorprese e molte ancora verranno dal convegno internazionale di studi dal titolo “La cattedrale di Piacenza e la civiltà medievale” che si terrà fra 20 e 24 settembre a Piacenza stessa e al quale parteciperanno oltre 40 storici dell’arte italiani e stranieri. Ma è qui importante un’avvertenza: la cattedrale piacentina è stata pesantemente restaurata tra fine Ottocento e inizi Novecento da Camillo Guidotti. Scoprire i falsi capitelli medievali, numerosi nelle gallerie lungo le navate e nelle absidi e anche in cripta, analizzare la parte superiore della facciata profondamente modificata dai restauri, distinguere il molto rifatto dall’antico è uno dei problemi e, non a caso, Barbara Zilocchi e Manuel Ferrari proporranno, agli inizi del convegno, le vicende problematiche di quei restauri. Uno studioso attento al Medioevo come al contemporaneo, Francesco Arcangeli, intitolava nel 1951 un saggio su “Paragone” “Tracce di Wiligelmo a Cremona”. Da qui il titolo di questo pezzo, memoria delle intuizioni di un grande storico dell’arte.

 

                                               Arturo  Carlo  Quintavalle

L’articolo è pubblicato ne “La Lettura” del 17 luglio 2022, supplemento culturale del Corriere della Sera, alle pp. 30-31.

 

*Wiligelmo (probabilmente da Willelmus, Guglielmo) –XI secolo-XII secolo- è stato tra i primi scultori a firmare le proprie opere in Italia. E’ il più importante maestro della scultura romanica in Italia, dotato di una forza vitale e di un senso straordinario della narrazione, superato forse solo da Nicola Pisano, oltre cento anni più tardi.

Nicholaus (Niccolò) fu attivo fra il 1122 e il 1139 e tra i principali maestri italiani in epoca romanica. E’ il primo maestro del quale si conosca un corpus di opere firmate, almeno quattro, che permettono di seguirne gli spostamenti attraverso l’Italia settentrionale, in Val di Susa, a Ferrara e a Verona, per dirigere cantieri talvolta contemporanei, affiancato da collaboratori capaci di riprodurne fedelmente lo stile.

                                                                  Gennaro Cucciniello