Il viaggio di Dante. Nottetempo, ora per ora.
Questo articolo di Gioachino Chiarini è stato pubblicato nel “Robinson di Repubblica” del 18 marzo 2023, alla pag. 6.
Ecco, ora per ora, una parte del viaggio di Dante e Virgilio all’Inferno.
Primo giorno. Ore 06-18.
Canto I. Dante esce dalla selva oscura attorno alle 6 del mattino (I, 13-18): la vetta del Colle (le “spalle” per chi guarda da Ovest, dove Dante si trova) che fronteggia l’uscita è stata appena raggiunta dai raggi del sole nascente. Dante si sente irresistibilmente spinto a scalare questo colle, ma ne è impedito da tre fiere in successione: da una Lonza, poi da un Leone, infine da una Lupa. Costretto a rinunciarvi, appare l’anima di Virgilio che gli rivela la reale natura del viaggio previsto per lui. E’ mezzogiorno circa.
Canto II. Il sole tramonta, il buio cala su uomini e animali, ormai l’ingresso dell’Inferno non è lontano e Dante è ripreso dal dubbio di non essere all’altezza del pellegrinaggio in vita prospettatogli (“Io non Enea, io non Paulo sono”, II, 32). Virgilio è costretto a rivelargli che ben tre donne (la Madonna, Santa Lucia, Beatrice) si sono mosse in suo favore per consentirgli quel pellegrinaggio destinato a guarirlo dagli errori e dalle paure della selva oscura.
Canto III. Ore 18. Dante e Virgilio entrano nella Città dolente attraverso la porta generale dell’Inferno. In sintonia col comportamento del sole, tale porta si apre, ad Ovest, sul cerchio maggiore del baratro infernale, centrato sotto Gerusalemme, attorno a un asse che passa dal centro della Terra, dove si trova inchiodato Lucifero, per risalire nell’altro emisfero, quello del Purgatorio, sino ed oltre l’Albero della Vita posto al centro del Paradiso terrestre (Genesi, 2, 9). Dal superamento della porta generale sino al bordo interno, sporgente sul vuoto, del cerchio maggiore (l’Anti-inferno) l’orologio dantesco non registra alcuno spostamento delle lancette: poiché nei luoghi della perduta gente gli avanzamenti (o meglio discese) radiali, lungo la retta virtuale che va dal punto in cui si trova in un dato momento Dante fino al centro del baratro, sembrano accadere fuori del tempo: al fine di sottolineare la facilità di cadere nel peccato.
Nel Cerchio I (Limbo). Ore 18-20.
Canto IV. In un’atmosfera oscura, profonda, nebulosa Virgilio, che evidentemente ha preso alla sua sinistra, entra “nel primo Cerchio che l’abisso cigne” (IV, 24). Dante lo segue e le lancette si mettono sincronicamente in moto. I due sono nel Cerchio di coloro che non peccaro (IV, 34), cioè nel Limbo, a cui è assegnato, come sappiamo, lo stesso Virgilio.
Nel Cerchio II (Lussuriosi). Ore 20-22.
Canto V. L’ingresso è occupato da Minosse, giudice dell’intero Inferno, che stabilisce la pena e smista i dannati indicando coi giri di coda il numero del Cerchio che a ciascuno spetta. Quanto al Cerchio II in particolare, esso è d’ogne luce muto, una bufera infernale mugghiante e ininterrotta trascina e percuote i peccator carnali (V, 38) costringendoli a strida, lamenti, bestemmie. Ecco Semiramide e Didone, Paride e Tristano. Ma a Dante è riservato l’incontro diretto con gli adulteri suoi contemporanei Paolo Malatesta e Francesca da Rimini.
Nel Cerchio III (Golosi). Canto VI. ? –non si fa alcun cenno-
Nel Cerchio IV (Avari e prodighi). Ore 24.
Canto VII, prima parte. “Pape Satàn, pape Satàn aleppe” (VII, 1): Pluto, sorpreso sfavorevolmente (papae, esclamazione di meraviglia in greco antico), allarmato persino (aleppe, cioè aleph, prima lettera dell’alfabeto ebraico, espressione di dolore) dall’inattesa intrusione di un vivente, sembra invocare l’intervento di Lucifero (Satàn, in ebraico). Virgilio lo rabbonisce. Siamo nel IV Cerchio, che è degli Avari e dei Prodighi: in sintonia con l’ora (mezzanotte), da quel punto d’osservazione, una metà del Cerchio, alla loro sinistra, è occupato dagli avari, l’altra metà, a destra, dai prodighi. I due pellegrini stanno infatti sul raggio verticale che separa il terzo quadrante (Q3) dal quarto (Q4): entrati nell’Inferno da Ovest, all’altezza del braccio orizzontale della croce iscritta nel primo Cerchio del luogo di pena, Dante e Virgilio si trovano ora a sud, nel braccio verticale della croce. Per un miracolo ottico di metafisica profondità, Dante, nel buio Inferno, è per una volta in grado di descrivere cosa accade nei due semicerchi, dal punto più vicini alla sua osservazione sino al remotissimo capo opposto, che segna l’altro contatto tra le due schiere di dannati sul braccio nord della croce: tanto gli Avari da un lato che i Prodighi dall’altro, urlando, insultando e spingendo macigni col petto passano senza interruzione da un capo all’altro dei rispettivi semicerchi, ad ogni estremità venendo selvaggiamente alle mani e agli insulti. Le lancette dell’orologio dantesco non si sono mosse, ma non appena Virgilio avverte che la notte, ferma a mezzanotte, ha cominciato la sua discesa, segnala a Dante che è tempo di riprendere il loro cammino: “Or discendiamo omai a maggior pièta;/ già ogne stella cade che saliva / quand’io mi mossi” (VII, 97-99).
Nel Cerchio V (Iracondi e Accidiosi).
Ore 24-02. Canto VII, seconda parte. I due pellegrini scendono scavalcando una fonte le cui acque, nere e temibili sin dall’origine dei tempi (si tratta dello Stige), scorrono allargandosi nel V Cerchio, dove stanno Iracondi e Accidiosi. Dante e Virgilio avanzano, sempre tenendo la sinistra, su una ristretta striscia di terra che asseconda la cupa palude, dalla quale hanno modo di osservare l’interminabile lotta a morsi, pugni e calci, contro gli altri e contro se stessi, di gente nuda e fangosa: sono le anime di color cui vinse l’ira, mentre sott’acqua penano le anime di quelli che hanno avuto e hanno dentro accidioso fummo (VII, 116-123). Dopo aver girato grand’arco della lorda pozza, i due giungono al piè d’una torre (VII, 127-130). Siamo a circa un terzo del IV quadrante (Q4), vale a dire quasi alle due di notte. Ore 02-06. La torre serve per l’avvistamento delle nuove anime dannate, di cui segnalano l’arrivo alle torri (meschite, VIII, 70) infuocate che sovrastano in lontananza la porta della Città di Dite.
Nel Cerchio VI (Epicurei). Ore 06-04.
Canto IX, seconda parte. Dante e Virgilio entrano finalmente, sanza alcuna guerra, nella Città di Dite e si fermano ad osservare il nuovo scenario: una gran distesa di tombe scoperchiate e infuocate da cui si levano atrocissimi lamenti (IX, 112-123): è il Cerchio VI, dei promotori delle eresie (li eresiarche, IX, 127). Con sorpresa del lettore, Virgilio questa volta si volge a la man destra (IX, 132) e guida, sempre in discesa, Dante tra le mura (li alti spaldi) e le tombe infuocate.
Tra coloro “che l’anima col corpo morta fanno” (X, 15), il primo incontro è con Farinata, prestigioso capo dei ghibellini fiorentini, processato in vita per aver aderito all’eresia catara: nel dialogo si inserisce e alterna Cavalcante Cavalcanti, padre di Guido, grande amici di Dante e secondo, come poeta, a lui solo. Allorquando anche Cavalcante rientra nella tomba infuocata, Virgilio si gira a sinistra (X, 133) e attraversa radialmente il Cerchio fino a raggiungerne il bordo esterno. Separata dalle altre trovano una tomba scoperchiata.
Canto XI. Con la scusa di rallentare e prendersi il tempo necessario ad abituarsi all’orrendo puzzo che esala dal profondo abisso, Virgilio si ritira con Dante dietro questa tomba (appartiene al papa eretico Anastasio II, come imparano dalla scritta incisa sul coperchio) e gli spiega la struttura e le ragioni dei Cerchi sottostanti. Alla fine del canto Virgilio rivela a Dante che ormai è l’ora di rimettersi in cammino: “Ma seguimi oramai che ‘l gir mi piace;/ ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,/ e ‘l Carro tutto sovra ‘l Coro giace / e ‘l balzo via là oltra si dimostra” (XI, 112-115). L’Inferno è sottoterra, ma l’anima di Virgilio ha il dono di vedere la posizione degli astri e dedurne l’ora. Questa volta constata che sotto il cielo di Gerusalemme i Pesci del segno zodiacale guizzano su per l’orizzonte orientale, mentre il Carro (l’Orsa maggiore) volge a ponente, cioè al tramonto (come dire: siamo quasi alle 4 di mattina).
Dei cerchi e sottocerchi che Dante e Virgilio dovranno da questo momento visitare, per arrivare nuovamente attorno alle 6 del mattino ce ne sono altri sette: qualcosa che può realizzarsi solo se si riconosce che dall’ingresso nella Città di Dite i due pellegrini hanno preso ad avanzare controtempo. Del resto, il testo non fornisce alcun indizio su di una loro ripresa ad andare a sinistra. Semmai è possibile ben presto imbattersi in indizi che provano il contrario.
Nei Gironi del VII Cerchio (Violenti contro il prossimo e Violenti contro se stessi). Ore 04-03.
Canto XII.Ai piedi della frana, primo palese segno del passaggio di Cristo dopo la sua morte (vv. 37-45), scorrono circolarmente le acque color sangue del Flegetonte, nelle quali penano i Tiranni. Tra tali acque e la fine della scarpata, in una sottile striscia di terra, corrono in fila indiana, mitologici anch’essi, dei Centauri armati di arco, costringendo chi tenta di uscire da quel bollor vermiglio a reimmergervisi. In testa Nesso (quello che tentò di rapire a Ercole la moglie Deianira), secondo Chirone (il sapientissimo, che fu tra l’altro pedagogo di Achille), terzo Folo (che tentò di rapire a Piritoo la sposa Ippodamia il giorno delle nozze). Accorgendosi degli intrusi, la torma si ferma. Nesso intima loro di dichiararsi, Virgilio chiede di conferire con Chirone. Poiché i centauri son diretti in senso contrario a quello dei pellegrini, e Virgilio precede Dante ancora tenendo la destra, quando i tre si avvicinano per parlare, Chirone viene appunto a trovarsi davanti a Virgilio, Nesso (che ora si trova alla destra di Chirone, in su la destra poppa, v. 97) davanti a Dante: udite le spiegazioni e le richieste di Virgilio, Chirone si rivolge a Nesso, ordinandogli di invertire la rotta (torna, v. 98) e di caricarsi in groppa Dante. Immaginando, come la più parte dei commentatori, che la situazione fosse rovesciata (i Centauri tenendo la destra e i due pellegrini che son tornati ad avanzare alla loro sinistra), Dante verrebbe a trovarsi di fronte all’inutile Folo, non a Nesso. Dunque, i due pellegrini continuano ad avanzare e a scendere tenendo la destra e il tempo scorre all’indietro fino a quando non riprenderanno la sinistra.
Gioachino Chiarini