Stonehenge. Tracce d’Europa nell’alba di pietra.

Stonehenge, Tracce d’Europa nell’alba di pietra.

Fu innalzato nel Neolitico con pietre trasportate, nel 3000 a.C., da colline distanti 200 chilometri. C’era mescolanza delle genti.

 

Un barlume di luce spazza via la notte, il cielo si tinge di rosa, le ombre sulla pianura si diradano. Sorge il sole, tra due macigni, come a indicare la strada verso un nuovo giorno e un nuovo mondo. Bellezza, armonia, mistero. Assistere all’alba dall’interno del cerchio di Stonehenge è come prendere per mano la storia e abbracciare una tradizione vecchia di millenni, assorbire l’innegabile magia del luogo e raccogliere il passato di un popolo ancora racchiuso in una moltitudine di segreti.

Perché è qui che venne eretto un monumento sopravvissuto dall’era neolitica a oggi? Perché qui vennero trasportate, nel 3000 a.C., pietre enormi, che pesano tonnellate, dall’area circostante alcune, ma altre, di colore bluastro, dalle colline Preseli, nel Pembrokshire, a duecento km di distanza? E come? Che funzione aveva il cerchio che oggi chiamiamo Stonehenge e qual era il rapporto con strutture simili nella stessa zona, come il cerchio di Avebury, ad esempio, di un diametro di circa 350 metri? Qual è la storia umana dietro l’opera?

“Parliamo di un periodo di immensa trasformazione, con idee radicali che hanno cambiato la nostra storia per sempre”, sottolinea il curatore della mostra al British Museum di Londra Neil Wilkin. “Spesso pensiamo a Stonehenge come a un monumento essenzialmente britannico, in realtà ora sappiamo che aveva forti legami con popolazioni e conoscenze esterne”, precisa. “E’ impossibile studiare e capire Stonehenge senza prendere in considerazione questi collegamenti”.

Ci sono reperti che arrivano da lontano –come un’ascia di giadeite proveniente dalle Alpi italiane- e, soprattutto, ci sono gli studi recenti sul Dna degli scheletri ritrovati nei pressi del monumento che indicano una mutazione profonda della popolazione. Basta chiudere gli occhi, dalla cima della collina di Stonehenge, per immaginare la via cerimoniale bianca che dal cerchio portava giù, verso il fiume Avon, e l’insediamento. Attorno i tumuli, bianchi anche loro, dove erano sepolti i morti. “Nel 3000 a.C. venivano cremati, 500 anni dopo sepolti”, spiega David Dawson, direttore del Wiltshire Museum di Devizes. Sono i loro resti a indicare l’arrivo di un gruppo con altre tradizioni, altre credenze e altre capacità, ad esempio la lavorazione dei metalli. “Da un punto di vista genetico è un’ondata che giunge dal centro Europa –sottolinea Wilkin- che porta qualcosa di nuovo e, come quasi sempre, contemporaneamente, adotta quello che trova”.

Tra tanti misteri una cosa però è chiara: “La disposizione del monumento è sicuramente legata al sole”, spiega Susan Greaney, storica dell’English Haritage, che a Stonehenge ha dedicato i suoi studi. “L’asse è allineato all’alba del solstizio d’estate”. Comprensibile, sottolinea, per una popolazione la cui vita quotidiana dipendeva dalle stagioni, dalla lavorazione dei campi e dall’accudimento del bestiame. “Sappiamo dagli scavi attorno alla strada che portava al fiume che non era una via molto trafficata: ci sono pochissimi resti”. Frustrante per un’archeologa, ma è un’assenza che racconta qualcosa: “Era chiaramente una via importante, perché altrimenti lavorarci tanto? La domanda allora è per chi venne costruita e come veniva utilizzata”.

Tra le ipotesi, quella che fosse “percorsa solo in alcune occasioni, per cerimonie particolari, e solo da persone di particolare prestigio”. Non ci sono segni di conflitto: nel fossato attorno al cerchio è stato rinvenuto un unico scheletro. Le pietre di Stonehenge nel corso della loro storia –è un monumento attivo dal 3000 al 1500 a.C., tuttora nell’immaginario collettivo legato ai druidi- hanno assistito a cambiamenti profondi che sembrano essersi svolti in maniera pacifica. “A me piace pensare –spiega Greaney- che questa costruzione, che si evolve nell’arco di un millennio e mezzo- fosse considerata un modo di contribuire alla società, di ringraziare, di svolgere il proprio dovere all’interno di una comunità organizzata”. Una specie di rito di passaggio, forse, o di volontariato civile.

Che cosa sapevano del sole e dei segreti del cosmo gli abitanti di Stonehenge? I reperti in mostra al British Museum indicano un forte interesse per i corpi celesti, come il Nebra Sky disc, un disco che risale a 3600 anni fa prestato dal museo di Halle, in Germania, e trovato nel 1999 da un gruppo di cacciatori di tesori: una patina blu-verde con simboli dorati che rappresentano il sole, la luna e le stelle, prima raffigurazione del cosmo, un oggetto straordinario, commenta Wilkin. O ancora i cappelli d’oro con le stesse figure. “E’ possibile che fossero un segno di potere e di prestigio per un religioso o una sacerdotessa”.

Tra i 250 prestiti straordinari c’è anche quello di un monumento in legno del 2054 a.C., lo Stonehenge del mare, o Seahenge, rinvenuto nel villaggio di Holme-next-the-Sea, nel Norfolk: un anello esterno composto da 55 tronchi di quercia a mo’ di recinto attorno a una radice capovolta. Il nome è recente, risale al 1998, la storia è millenaria: la mostra è un assaggio di una regione –a questo punto due- che non ha mai smesso di affascinare.

 

                                                        Paola De Carolis

 

L’articolo è pubblicato ne “La Lettura” del 23 gennaio 2022, supplemento culturale del Corriere della Sera, alle pp. 32-33.