La signora e il signore Neanderthal

Il signore e la signora Neanderthal

Le femmine migravano o comunque lo facevano più dei maschi.

 

Che i Neanderthal vivessero in gruppi di 10-20 persone, proprio come i gorilla delle montagne di adesso, lo sapevamo da tempo. Ma la scoperta straordinaria di questi giorni è che l’organizzazione sociale di questi gruppi, piccoli gruppi per la verità, era tale per cui le donne andavano e venivano, mentre gli uomini tendevano a non spostarsi. Come lo sappiamo? Da uno studio appena pubblicato su Nature dal Max Planck Institute di Lipsia, in collaborazione con altri gruppi, dal Canada all’Austria, e di cui fa parte anche Svante Paabo, proprio lui, il genetista svedese che ha avuto il Premio Nobel per la medicina poche settimane fa.

Cosa hanno combinato i ricercatori questa volta? Continuando il lavoro intrapreso da tempo in due grotte, quella di Chagyrskaya e quella di Okladnikov –dove forse i Neanderthal vissero fra i 50 e i 60mila anni fa- hanno rinvenuto Dna di ossa e denti rimasti miracolosamente intatti (molto spesso le iene fanno sparire tutto quello che rimane nelle grotte) e hanno scoperto qualcosa di molto importante sull’organizzazione sociale di quelle comunità.

Le due grotte si trovano in Siberia, al confine con il Kazakistan, la Mongolia e la Cina: in quelle caverne gli scienziati hanno trovato i resti di un padre e di una figlia giovane, oltre a famigliari di seconda generazione, forse una zia e persino un nipote. E’ possibile immaginare che queste persone, dopo avere abitato quelle caverne, siano anche morte lì, forse in seguito a uno spaventoso evento climatico. La sorpresa però è stato constatare che in quegli stessi individui la diversità genetica nel cromosoma Y, quello che passa ai discendenti soltanto attraverso la linea maschile, era molto più modesta se paragonata a quella del Dna mitocondriale –quella che viene ereditata solo e soltanto dalla madre- e questo suggerisce che le femmine probabilmente migravano o comunque lo facevano più dei maschi.

Le grotte ai piedi dei monti Altai si trovano soltanto a 100 km dalla grotta di Denisova, un autentico tesoro per gli archeologi, dove Neanderthal, uomini di Denisova e almeno un ibrido di Neanderthal-Denisova hanno vissuto probabilmente, anche se in maniera non continuativa, tra i 78 e i 118mila anni fa. Poi fra i 50mila e i 60mila anni fa sono rimasti solo i Neanderthal e gli altri sono spariti (almeno per quanto si può giudicare da certe pietre lavorate rinvenute proprio in quella grotta).

In tutto i ricercatori del Max Planck hanno preso il Dna di 11 persone da Chagyrskaya e 2 da Okladnikov, e gli studi confermano che chi stava in quelle caverne era geneticamente simile ai Neanderthal, ma aveva anche qualcosa del Dna dei Denisova che, come abbiamo visto, occupavano quelle stesse caverne da molto più tempo. L’uomo adulto e la ragazzina, che avrebbe potuto avere intorno ai 10-15 anni, condividevano metà del Dna. Una circostanza del genere si può verificare solo in due condizioni: che si tratti di fratelli e sorelle oppure di genitori e figli. Quei due però non avevano lo stesso Dna mitocondriale (quello che viene solo dalla madre), quindi non potevano essere fratello e sorella, ma dovevano per forza essere padre e figlia.

Gli scienziati continuando a studiare a mano a mano che trovavano altri reperti, hanno avuto davanti due campioni di Dna mitocondriale ben conservato, condivisi da altri due adulti della stessa caverna, come se ci fosse un antenato comune di origine materna. C’è anche un piccolo giallo: attraverso l’analisi del Dna si è visto che un dente deciduo (o da latte) e due denti permanenti appartenevano alla stessa persona, un maschio. Probabilmente si trattava di un ragazzo tra i 9 e i 15 anni nella fase di dentizione mista che potrebbe essere rimasto in quella caverna per tutta la sua breve vita oppure essersene andato per poi ritornare. Per quanto riguarda tutti gli altri individui studiati, il Dna mitocondriale era molto diverso, più di quanto non fosse il Dna del cromosoma Y, e questo si può interpretare solo ammettendo che la maggior parte delle donne di quella comunità non fossero nate lì ma altrove, suggerendo che l’organizzazione della società dei Neanderthal a quel tempo fosse improntata al fatto che le donne si muovevano mentre gli uomini tendevano a rimanere nello stesso posto.

C’è una spiegazione a tutto questo? Forse sì, nelle stesse grotte archeologi e genetisti hanno trovato resti di bisonti, cavalli e altri animali selvatici, come se quell’ambiente potesse essere in un certo senso una riserva di caccia che i Neanderthal utilizzavano durante le migrazioni stagionali degli animali; verosimili in quelle aree perché le grotte davano su vallate ricche di acqua e che in certi momenti dell’anno dovevano essere certamente molto fertili. E’ facile immaginare che fosse il periodo di caccia a creare opportunità per piccole comunità di Neanderthal di incontrarsi e incrociarsi. E’ inverosimile che in quella società questi incontri fossero pianificati, forse avvenivano per caso: gli uomini si fermavano per la caccia, le donne passavano di lì, si accoppiavano e a un certo punto se ne andavano. Non è nemmeno escluso che queste donne presto o tardi tornassero e intanto la famiglia cresceva.

Tra l’altro quelle grotte sono state esplorate soltanto per una parte, c’è ancora tantissimo da scoprire e non è escluso che ci possano dare un’idea più precisa dell’albero familiare di quei Neanderthal; forse un giorno si riuscirà anche a trovare il Dna della madre di quella ragazza di 10-15 anni di cui si conosce il padre. La madre sarà rimasta in quella grotta, vi sarà morta o se ne sarà andata via senza tornare più? Chi lo sa. Anche perché certe femmine probabilmente rimanevano nella piccola comunità dove erano nate: lo dimostrano due adulti che sono stati ritrovati nella stessa caverna e che condividevano lo stesso Dna mitocondriale, a dimostrazione che erano imparentati per via materna. Forse quando si saprà di più della società dei Neanderthal, dei rapporti fra gli uomini e le donne, di chi andava e di chi rimaneva e di come si incontravano, si capirà di più di questi nostri parenti e un giorno forse sapremo anche come mai loro sono scomparsi e noi no. Di fatto siamo rimasti soltanto noi su questo pianeta. Perché? Chi lo sa.

 

                                                        Giuseppe Remuzzi

Questo articolo sull’evoluzione è stato pubblicato ne “La Lettura” del 6 novembre 2022, supplemento culturale del Corriere della Sera, a pag. 7.