Michelangelo, “Giudizio universale”, un particolare sorprendente: il disegno di un cuore. Perché

Michelangelo, “Giudizio universale”, un particolare sorprendente: il disegno di un cuore. Perché?

 

Ne “La Lettura” del 5 marzo 2023, supplemento culturale del Corriere della Sera, alle pp. 54-55 è pubblicato questo articolo.

 

L’occhio lungo del collezionista, estasiato dal Giudizio universale nella Sistina, si posa su quella corona di spine, in alto, a sinistra, tra gli strumenti della Passione. Perché è così grande? Il suo sguardo analizza le teste dipinte da Michelangelo e non ne trova una che si adatti. Poi indugia su quella porzione di affresco dedicata agli strumenti della passione di Cristo: spazia intorno, finché non gli appare, come d’incanto, la forma di un cuore. Stampa l’immagine e ne marca i contorni. Quegli angeli senza ali, fluttuanti nel cielo azzurro, formano un perfetto cuore anatomico: la corona di spine è l’aorta (ecco perché sovradimensionata); le mani, i vasi; la veste bruna, il ventricolo. “I dettagli sono pazzeschi – concorda Alberto Cremonesi, responsabile del dipartimento cardiovascolare di Humanitas Gavazzeni Bergamo-. C’è la parte muscolare contrattile, ci sono i ventricoli e l’arteria polmonare. Geniale, poi, l’idea di indicare con le braccia distese in avanti degli angeli le arterie che portano il sangue al cervello e agli arti superiori. Più volte ho visto quell’opera, ma non avevo mai notato il cuore nascosto. Quando ammiri la Cappella Sistina sei talmente travolto dalla meraviglia che è difficile concentrarsi sul particolare”.

Celare un cuore anatomico nella stanza più sacra della cristianità, dove si eleggono i papi, è il nuovo mistero che ci regala Michelangelo, cinquecento anni dopo aver dipinto il capolavoro tra i più visitati al mondo: 5 milioni di persone l’anno, con picchi estivi di 20mila al giorno. Cosa c’è dietro? Una compiaciuta licenza in ossequio ai suoi studi di anatomia? O un messaggio in codice che rimanda al vento nuovo della Riforma protestante, che a Roma si declinava in forme meno drastiche rispetto allo scisma luterano, ma pur sempre critiche verso quella Chiesa corrotta e in odore di simonia, che vendeva indulgenze per erigere la nuova Basilica di S. Pietro?

Michelangelo –come Leonardo- era appassionato di anatomia, permessa per scopi educativi. A 18 anni Buonarroti praticava la dissezione di cadaveri nell’ospedale fiorentino di Santo Spirito grazie all’amicizia con il priore (che gli metteva a disposizione alcune sale), ricompensata con la scultura di un crocifisso in legno per l’altare maggiore. L’artista, ci tramanda Vasari, ha continuato ad applicarsi all’anatomia anche in vecchiaia.

Così quella passione ha innervato tutta l’arte michelangiolesca, che nella Sistina si è declinata in un’architettura di corpi nudi (nudi, a ricordarci che siamo tutti uguali davanti al giudizio di Dio). Una composizione dalla potenza folgorante, che nasconde immagini subliminali. Nella creazione di Adamo, Dio è inserito in una forma simile a un encefalo. Ma altri ricercatori vi hanno individuato un utero post partum, figura più in sintonia con il tema dell’affresco. Si calcola che a quell’epoca, su mille nascite, 5 o 6 madri morissero per sepsi, dunque Michelangelo, con ogni probabilità, ebbe modo di esaminare anche corpi di puerpere. “Ma se sulla creazione di Adamo non c’è univocità di interpretazione, sul cuore celato nelle figure che portano la corona di spine, non ci possono essere dubbi”, commenta il collezionista, che vuole restare anonimo.

“Michelangelo non è mai, mai accidentale –dichiara lo storico dell’arte Rolando Bellini, curatore di alcuni saggi su Buonarroti-. Se ha messo quel cuore c’è un motivo. E l’unico che vedo è il rimando agli Spirituali. Lui voleva dichiararsi, ma doveva occultarsi. (“Se vivi in Italia, una maschera devi portare”). E qui, come consuetudine del tempo, c’è un doppio registro: un linguaggio per tutti e uno criptico, riservato a pochi”.

L’artista aderì clandestinamente al movimento degli Spirituali e in quel giro conobbe la nobildonna Vittoria Colonna, di cui sarà misticamente innamorato, anche se legato sentimentalmente al nobile Tommaso de’ Cavalieri. La confraternita mostrava un’influenza crescente. A Viterbo riuniva, sotto l’egida del cardinale inglese Reginald Pole, teologi, prelati e intellettuali eredi del disciolto movimento valdesiano di Juan de Valdés. Pur deprecando lo scisma luterano, gli Spirituali puntavano a un rinnovamento radicale della Chiesa e celebravano un dialogo diretto con Dio che tendeva ad annullare la mediazione della gerarchia ecclesiastica. Michelangelo, già influenzato, poco più che adolescente, dai sermoni di Savonarola nella sua Firenze medicea, si avvicina alla confraternita segreta e infonde anche nelle sue opere gli echi luterani che allarmano l’ortodossia. La Chiesa inizia a guardare con sospetto gli Spirituali, poi li mette nel mirino come eretici. Nel 1543 viene pubblicato il loro manifesto, “Il beneficio di Cristo”, ma già molto prima fervono i contatti fra gli adepti. Quelli tra Buonarroti e Colonna iniziano nel 1538 nella chiesa di San Silvestro, dunque mentre il divino artista sta affrescando il Giudizio (1536-1541, trent’anni dopo la volta della Sistina). L’interpretazione michelangiolesca ribalta i canoni classici del tribunale celeste per rappresentare quello che il controriformato Giovanni Andrea Gillo definì una dannazione universale, con il gesto del Cristo che sembra di maledizione tanto da far pensare a una colossale parodia del tribunale dell’Inquisizione, come ha osservato Claudio Strinati.

Anni pesanti e terribili. Lo spettro delle eresie che riemerge dal Medioevo. Gian Pietro Carafa, l’inquisitore generale del Sant’Uffizio che diverrà Papa Paolo IV battendo per un solo voto il cardinale Pole, mette all’Indice “Il beneficio di Cristo” e a morte in contumacia l’umanista Pietro Carnesecchi, che otto anni dopo verrà decapitato e il suo corpo arso. Del libro proibito che era il credo degli Spirituali, un bestseller finito al rogo, si è salvata solo una copia, a Cambridge.

In questo clima di terrore Michelangelo vive la sua militanza sottotraccia, fatta anche di messaggi in codice. Ma perché il cuore? Suggestiona pensare che cuore e croce compaiano sul sigillo di Lutero, inseriti in una rosa bianca. E il passo della Lettera di San Paolo apostolo agli Efesini (3, 17), cui i valdesiani si ispirarono, recita così: “Che Cristo per mezzo della fede abiti nei vostri cuori”. Il cuore, dunque. Dalla Bibbia in poi luogo spirituale della presenza di Dio, scrigno della fede. “L’arte è una scoperta continua, non puoi mai fermarti, succede soprattutto con i grandi interpreti –conclude Bellini-. Questo cuore vero, anatomico, permette di raccontare in altri termini il rapporto tra Michelangelo e Vittoria Colonna”. La nobildonna, ritratta nel Giudizio dietro la graticola di San Lorenzo, passò dall’essere una delle figure più tenute in considerazione da papa Paolo III a un’eretica post mortem. E con lei taluna storiografia bollerà di eterodossia altri personaggi, come lo stesso Michelangelo e il suo copista Marcello Venusti, solo per avere avuto contatti con gli Spirituali. Anche il Giudizio universale rischiò la distruzione per le larvate accuse al suo autore di essere un protestante occulto: soltanto la potente congregazione degli artisti riuscì a salvare l’opera, limitando il danno all’azione moralizzatrice del Braghettone.

Buonarroti morirà nel 1564 a 89 anni senza mai essere iscritto nei registri dell’Inquisizione. E senza mai lasciare traccia dei suoi enigmi. Come questo cuore, ai piedi della croce, l’ultimo mistero destinato ad alimentare un nuovo filone investigativo tra gli studiosi del genio rinascimentale.

 

                                                        Riccardo  Nisoli