Alluvioni e fiumi. L’allarme di Machiavelli.
Questo corsivo, a firma di Giancristiano Desiderio, è stato pubblicato nel Corriere della Sera del 28 maggio 2023, a p. 28.
La grande immagine della Fortuna paragonata, nel trattato di Machiavelli, a un fiume vorticoso e che rompe ogni argine non è solo un espediente retorico al servizio di un’argomentazione per renderla più efficace, ma rispecchia la riflessione e la dolorosa partecipazione dello scrittore di fronte alla crisi italiana dei suoi anni: ce lo rivela l’ultima similitudine della prima parte del capitolo XXV del “Principe”, nella quale fiume rovinoso e fortuna si identificano assolutamente nella furia con cui gli eserciti stranieri hanno distrutto l’Italia, “campagna sanza argini e sanza alcun riparo”.
Gennaro Cucciniello
Non sappiamo se nell’inverno del 1513, mentre Niccolò Machiavelli rivedeva e completava il suo opuscolo “De principatibus” (“Il Principe”), si parlasse già di cambiamento climatico. Sappiamo, però, che nel capitolo XXV di quell’opera mirabile, che fonda il concetto moderno di politica, Machiavelli fornisce una descrizione particolareggiata della “ruina” di cui son capaci i fiumi e le alluvioni.
Certo, il segretario fiorentino usa la metafora del fiume per illustrare “la condizione umana –sono parole sue- e dire che la fortuna è “arbitra della metà delle azioni nostre” e l’altra metà dipende dal governo umano (“non ignoreremo che nelle umane vicende vale moltissimo la prudenza e l’industria”, aveva scritto pochi anni prima Leon Battista Alberti); tuttavia, l’immagine dei fiumi straripanti e delle terre sconquassate e degli uomini che fuggono senza poter far nulla è così viva che rimanda direttamente alle scene dell’alluvione dell’Emilia-Romagna del maggio 2023 e alla conoscenza che ser Niccolò, seduto a cavallo, molto bene aveva della terra di Romagna.
Conviene (ri)leggere quelle righe del capitolo XXV del “Principe” (che è il capitolo più importante per interpretare tutta l’opera sua) perché se è vero che la fortuna ha in mano il destino degli uomini, è a maggior ragione necessario capire che la virtù del governo è proprio nelle mani umane che si devono dar da fare prima che arrivi la tempesta. Si notino le immagini corpose e plastiche, di grande suggestione visiva, che rappresentano la verità effettuale della realtà.
Infatti, scrive Machiavelli, “assomiglio la fortuna a uno di questi fiumi rovinosi che, quando s’adirano, allagano e piani, ruinano gli alberi e gli edifizii, lievano da questa parte terreno, pongono da quell’altra: ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede allo impeto loro sanza potervi in alcuna parte obstare. E benché sieno così fatti, non resta però che li uomini, quando sono tempi quieti (cioè quando le acque dei fiumi sono calme), non vi potessino fare provvedimenti e con ripari e argini, in modo che crescendo poi, o egli andrebbano per uno canale, o l’impeto loro non sarebbe né sì licenzioso né sì dannoso”.
Se l’opera di contenimento della virtù non c’è, allora, la fortuna, ossia i fiumi rovinosi, dilaga e allaga. Machiavelli conclude: “Similmente interviene della fortuna: la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle, e quivi volta e sua impeti dove la sa che non sono fatti li argini e li ripari a tenerla. E se voi considerrete la Italia, che è la sedia di queste variazioni e quella che ha dato loro il moto, vedrete essere una campagna sanza argini e sanza alcuno riparo”.
Bisogna aggiungere altro?
Giancristiano Desiderio Niccolò Machiavelli