Come la Matematica ha cambiato la civiltà

Come la Matematica ha cambiato la civiltà

Esplorazioni, case, farmaci, le Serie Tv sono frutto di logaritmi e integrali. In un libro, la storia e i protagonisti.

 

Logaritmi, probabilità, algebra, coseni, integrali: a molti questi termini matematici evocano solo pessimi ricordi scolastici. Nozioni tanto poco amate che una ricerca britannica ha scoperto che solo il 49% degli adulti conserva ancora le abilità matematiche di un undicenne.

Forse una delle ragioni di questa diffusa idiosincrasia per grafici ed equazioni risiede nella scarsa comprensione della loro utilità: se l’aritmetica delle elementari, appresa a forza di torte da spartire e chili di mele da comprare, aveva chiaramente un fine pratico, quella delle superiori sembra esistere solo per torturare i poveri studenti.

“Ma non è così, senza quegli strumenti matematici vivremmo ancora nel Neolitico, privi di quasi ogni frutto di scienza e tecnologia”, spiega Michael Brooks, 52 anni, dottore in fisica quantistica, giornalista e scrittore scientifico inglese, e ora autore di “Uno, due, tre molti. Come la matematica ha creato la civiltà” (Bollati Boringhieri, pp. 384, euro 26).

“Il titolo ricorda come in molti animali, ma anche nei bambini piccoli, la capacità di contare sembra non andare oltre tre o poco più, sopra c’è il “molti”. Tutto quello che si è costruito di matematico oltre a quello si deve al linguaggio, che permette di “pensare i numeri” e manipolarli mentalmente”.

Curiosamente questa capacità risiede nell’area cerebrale che controlla il movimento delle dita, a riprova che è stata l’abilità primordiale di contare con le mani ad aver forgiato la base del cervello matematico. Solo molto tempo dopo abbiamo aggiunto nozioni più complesse, come per esempio le proprietà delle figure geometriche, che ci ha portato a scoprire fra l’altro che esistono in loro rapporti fissi, come il pi greco fra diametro e circonferenza dei cerchi, o i seni e coseni che indicano quelli fra lati e angoli dei triangoli rettangoli.

“Scoperte avvenute intorno a cinquemila anni fa, e per il più antipatico dei motivi: far pagare le tasse. Regni e imperi avevano infatti bisogno di misurare la terra, per sapere quante imposte spremere ai proprietari: l’uso di seni, coseni e pi greco consentiva ai funzionari di calcolare le aree velocemente. Le stesse nozioni sono state applicate all’architettura, per costruire piramidi, cupole e archi, e poi alla navigazione, dove la trigonometria ha consentito di tracciare rotte usando punti lontani di riferimento. Senza di essa non ci sarebbero state le grandi imprese di esplorazione”.

E forse le stesse imprese non avrebbero trovato finanziatori, senza i numeri negativi. “Dopo che nel 1202 il matematico pisano Leonardo Fibonacci portò dal Nord Africa numeri arabi e il concetto di zero, ci si rese conto che si poteva anche andare a ritroso da quello verso un “infinito negativo”. La cosa trovò un’applicazione pratica nella “partita doppia”, il sistema contabile di tenere liste parallele degli incassi, numeri positivi, e delle spese, numeri negativi, ottenendo così in ogni momento un quadro della salute dell’azienda. Sa allora il valore delle imprese si basò sui numeri dei loro “libri”: il capitalismo europeo diventò così più solido e dinamico, favorendo le compravendite e la crescita delle aziende”.

Il surplus di capitali che ne derivò venne investito anche nelle innovazioni partorite dalla scienza, ma questa procedeva lentamente, ostacolata da un enorme problema: i calcoli. “Per esempio per un astronomo stabilire l’orbita di un corpo celeste voleva dire mesi trascorsi a fare e rifare migliaia di moltiplicazioni e divisioni. A salvarli fu John Napier, un nobile scozzese e matematico dilettante, che alla fine del XVI secolo ebbe un’idea fantastica: i logaritmi”. Questi non sono altro che un modo diverso di rappresentare i numeri, trasformandoli in esponenti di potenze di un altro numero. Per esempio 100 è 10/2, cioè il logaritmo 2 della base 10.

“Con questa rappresentazione dei numeri si possono trasformare le moltiplicazioni in somme dei loro logaritmi, e le divisioni nelle loro sottrazioni. Da allora, usando tavole che riportavano i logaritmi di migliaia di numeri, per gli scienziati diventò di colpo facilissimo fare i calcoli”. E ancora più facile lo divenne per gli ingegneri, nel progettare edifici, ponti, ferrovie e macchine.

Tanto che il loro simbolo diventò il “regolo calcolatore”, un dispositivo dotato di guide scorrevoli con su riportate scale logaritmiche, che permetteva di fare complessi calcoli in pochi secondi. Anche gli astronauti Nasa se ne portarono uno sulla Luna, per calcolare la spinta utile all’allunaggio. Senza logaritmi e regoli, il progresso sarebbe andato molto, molto più lento”.

Un’altra enorme accelerazione arrivò da una disputa fra giganti della matematica: Isaac Newton e Gottfried Leibniz. “I due si scontrarono per anni su chi avesse inventato per primo il calcolo infinitesimale, cioè i metodi per sommare quantità quasi nulle, allo scopo di rappresentare fenomeni in continua evoluzione. Chiunque ne sia stato il padre, l’uso di limiti, integrali, e derivate, permise di rappresentare sulla carta fenomeni influenzati da variabili che cambiano nel tempo: dal comportamento di un ponte sotto la spinta mutevole di traffico e vento, alle fluttuazioni di azioni in Borsa, fino alle interazioni tra farmaci e patogeni: è con un calcolo infinitesimale dell’interazione tra virus, linfociti e antivirali, per esempio, che nel 1989 il matematico Alan Perelson mise a punto le terapie multi farmaco che hanno messo sotto controllo l’Aids”.

Altro strumento che a scuola ci tediava con le sue probabilità e margini di errore, ma che oggi salta fuori ovunque, è la statistica. “L’importanza si estrarre un senso da montagne di dati caotici l’abbiamo vista con il Covid 19, quando ci ha consentito di prevedere l’andamento dei contagi e l’efficacia dei vaccini. E in effetti la statistica nacque proprio per motivi sanitari, quando, nella Londra del 1622 il mercante John Graunt presentò al re Carlo II un metodo per dedurre dai dati di nascite e morti chi avesse di più da temere dalla peste. In seguito Graunt estese il suo metodo fino a prevedere l’aspettativa di vita delle persone, ponendo la base per le assicurazioni sulla vita e previdenza sociale”.

Oggi le tecniche statistiche sono onnipresenti: dal capire cause e rimedi dei problemi sociali, fino al valutare la riuscita degli esperimenti scientifici. “Ma pochi sanno che le stesse intelligenze artificiali non sono altro che sofisticati sistemi statistici: per esempio gli assistenti vocali, per decidere cosa dire dopo una nostra domanda, non fanno altro che esaminare enormi database di casi simili, così da calcolare la risposta che ha la maggiore probabilità di essere giusta. E senza statistica ci sogneremmo di vedere serie in streaming o spedire video e foto dal telefonino: è lei alla base di standard di compressione come jpeg o mpeg”. Consoliamoci, quindi: le cose che tanto ci hanno fatto disperare a scuola, almeno sono fondamentali nel farci vivere comodamente.

“Ma è un vero peccato che l’insegnamento, spesso troppo rigido, astratto e frettoloso di questi strumenti così ricchi di connessioni con la storia della nostra civiltà porti tanti a odiarli o averne paura. E non solo perché ci servirebbero in tante occasioni quotidiane, ma anche perché “pensare matematico” aiuta a riflettere e decidere in modo razionale, una qualità fondamentale per i cittadini consapevoli delle democrazie”.

 

Alex  Saragosa

 

Questo articolo è stato pubblicato nel “Venerdì di Repubblica” del 15 aprile 2022, alle pp. 66-69.