Destra e Sinistra sono categorie ancora valide

Destra e Sinistra sono categorie ancora valide

La democrazia non può abbandonare gli antichi punti di riferimento

 

Ne “La Lettura” del 18 dicembre 2022, supplemento culturale del Corriere della Sera, a pag. 11, è pubblicato questo articolo, interessante ma con l’unico difetto di sottovalutare le questioni di politica internazionale, emerse con prepotenza con la crudele aggressione della Russia contro l’indipendenza dell’Ucraina, l’invasione su larga scala di uno Stato libero e indipendente.

 

Destra e Sinistra hanno ancora un significato oggi? Molti pensano di no. Le ideologie novecentesche non hanno più niente da dire, hanno perso la loro spinta propulsiva. Inoltre, i partiti di massa che rappresentavano i due poli –progressisti e conservatori- hanno smarrito le proprie basi elettorali, non hanno più interlocutori stabili e definiti in società diventate sempre più liquide. Stiamo entrando –così si conclude- in un’era post-ideologica, e forse è meglio così: a decidere saranno gli esperti. La diagnosi è fondata, ma la previsione e la valutazione lo sono molto meno. Senza la bussola destra-sinistra le nostre società perderebbero i punti di riferimenti che da due secoli orientano le scelte politiche e la stessa interpretazione della realtà.

Guardiamoci intorno. A sinistra, sono quasi scomparse le forze anti-sistema. Le fondamenta ideologiche del comunismo sono crollate insieme al Muro di Berlino, evento che ha consegnato alla storia la rivoluzione bolscevica e l’esperienza sovietica. E’ entrata però in crisi anche la socialdemocrazia, in buona parte a causa dei suoi successi, in particolare la creazione del welfare state. Le conquiste del Trentennio Glorioso (1945-‘75) hanno progressivamente eroso la capacità di entusiasmare e motivare gli elettori. Lo Stato interventista e la protezione sociale hanno provocato inefficienze, nuove disparità, crescente pressione fiscale. L’incontro con la realtà ha insomma indebolito il potenziale trasformativo del riformismo. La transizione post-industriale ha poi assottigliato le file della classe operaia e infoltito quelle del precariato.

Anche l’appeal della destra si è progressivamente eroso. In tutta Europa la secolarizzazione ha indebolito la democrazia cristiana. La modernizzazione culturale ha sfidato i valori della tradizione e della gerarchia, capisaldi delle dottrine conservatrici. Al pari della socialdemocrazia, anche il liberalismo (politico) ha perso smalto con l’istituzionalizzazione dei diritti di cittadinanza. A destra è riuscito però a sfondare il neoliberismo, che ha impresso un’incisiva svolta mercatista e privatista alle politiche pubbliche. Insieme alle politiche di austerità, questa svolta ha finito per aumentare il divario fra ricchi e poveri. L’offensiva neoliberista ha coinciso con l’emersione di nuovi ceti acquisitivi legati all’economia della conoscenza e avvantaggiati dalla globalizzazione, più interessati al benessere personale che alla solidarietà sociale.

Fra gli anni Novanta e Duemila la terza via del leader laburista britannico Tony Blair ha reagito al declino collocandosi fra i due poli con un’agenda di centro radicale, né di destra né di sinistra. Una mossa che ha avuto un certo successo, rivelatosi però effimero. Anche perché, nel frattempo, il vuoto lasciato dalla sinistra e dalla destra tradizionali è stato riempito da nuove (o rinnovate) ideologie concorrenti: nazionalismo, regionalismo, ecologismo, femminismo, radicalismo anti-globalista, populismo e, non da ultimi, euroscetticismo e sovranismo. Al di là dei contenuti, queste nuove correnti hanno un tratto comune. Rifiutano per principio la distinzione fra destra e sinistra e fanno leva su altre contrapposizioni: dentro/fuori (o anche noi/loro: pensiamo al nazionalismo, al sovranismo), vicino/lontano (regionalismo), avanti/indietro (visioni e ideali nuovi contrapposti a quelli passati: ecologismo, femminismo, antiglobalismo), o ancora sotto/sopra (popolo contro élite). Secondo alcuni studiosi, la dimensione destra-sinistra è stata sostituita da un nuovo asse “demarcazione-integrazione”, che contrappone vincenti e perdenti della globalizzazione. La Francia rappresenta il caso più estremo: il partito socialista si è quasi estinto mentre è cresciuta France Insoumise, il movimento di Jean-Luc Mélenchon, con un’agenda insieme antimondialista e sovranista. Alle ultime elezioni presidenziali si sono confrontati Marine Le Pen (anche lei sovranista, ma di marca conservatrice) e il presidente uscente Emmanuel Macron, fautore di un centrismo cosmopolita e pro-europeo.

Le destre euro-scettiche e anti-immigrazione sono avanzate nei Paesi nordici, in Olanda, Belgio e persino in Germania, con Alternative fur Deutschland. La più importante novità tedesca è stata però il successo del partito verde: anch’esso si è definito come al di là (più avanti) di destra-sinistra. Il Sud Europa è stato investito dall’ondata populista (anticasta, anti-tecnocratica, euroscettica): pensiamo a Podemos in Spagna, a Syriza in Grecia, ai Cinque Stelle in Italia. Ma in quest’area d’Europa sono anche avanzati i populisti di orientamento sovranista (in alcuni casi con tinte neofasciste) come Alba Dorata in Grecia, Vox in Spagna, la Lega e Fratelli d’Italia.

Rispetto alla seconda metà del ‘900 il panorama del nuovo secolo appare dunque fortemente destrutturato. Dobbiamo preoccuparci? O invece bisogna dare il benvenuto a un contesto ideologico più differenziato, ma alla fine più ospitale verso il ruolo degli esperti (pensiamo al caso italiano)? Dietro al dibattito sulla fine delle ideologie aleggia spesso l’idea di sostituire la democrazia con l’epistocrazia –il governo dei saggi.

In realtà la crisi della dimensione destra-sinistra è un grosso problema. La politica non può essere ridotta alla semplice risoluzione dei problemi. Deve elaborare visioni per il futuro che soddisfino la domanda di senso dei cittadini e forniscano quadri ideali per guidare la società nel suo complesso. Le mappe ideologiche servono per la risoluzione dei problemi –che non sono mai solo tecnici, ma presuppongono scelte di valore –e sono indispensabili per la gestione dei conflitti e la coltivazione della legittimità.

La dimensione destra-sinistra è quella più capace di svolgere entrambi i ruoli. Le ideologie che fanno leva su altre contrapposizioni hanno due gravi difetti. Primo, tendono a essere sottili e monotematiche, a enfatizzare un ambito particolare: l’immigrazione, la corruzione, il potere dei tecnici, i vincoli europei e così via. Ma se si guarda il mondo sotto il profilo del dentro verso fuori o del popolo verso la casta, da che parte si sta quando si parla di inflazione, bollette energetiche, età di pensionamento, matrimoni gay e così via? L’unica strategia (secondo difetto) è quella di riportare l’attenzione verso il proprio ambito di specializzazione: di agitare lo spauracchio dell’immigrazione o dei burocrati di Bruxelles. I nuovi partiti hanno fatto proprio questo, polarizzando l’elettorato. Alla fine, però, hanno dovuto ricollocarsi sulla destra (vedi Lega) o sulla sinistra (vedi Cinque Stelle).

Come ci hanno insegnato Norberto Bobbio e Giovanni Sartori la coppia destra-sinistra costringe i politici a ordinare la realtà secondo criteri assiologici. Si parte dalla selezione di certi valori (l’aggettivo greco àxios significa valido) e da questi si elaborano proposte e programmi coerenti, usando la logica. La realtà muta continuamente, e dunque è indispensabile aggiornare e ridefinire nel tempo valori e programmi. Destra e sinistra non sono finite: devono semplicemente allinearsi alla nuova realtà che le circonda, indicando perché e dove cambiare, secondo criteri (inevitabilmente partigiani) di giustizia. Anche se liquide (o forse proprio per questo), le nostre società continuano a cercare senso e significati, a interrogarsi su che cosa vale. Dalla Rivoluzione francese in poi, la dimensione destra-sinistra ha saputo orientare questa ricerca: le contrapposizioni alternative hanno solo provocato grandi fiammate, capaci di distruggere ma non di costruire.

 

              Maurizio Ferrera