Donne libere nel lupanare di Pompei
La scrittrice britannica Elodie Harper in un romanzo racconta le aspirazioni e il coraggio di alcune prostitute vissute a Pompei negli anni che precedettero l’eruzione.
In una intervista Paola De Carolis interpella Elodie Harper, autrice del romanzo “Le lupe di Pompei”, Fazi editore, primo libro di una trilogia sulla vita delle donne nella Pompei antica.
Cressa, Berenice, Vittoria Victrix, Didone, Amara, cinque prostitute di Pompei. E’ fiction, ma lo spunto arriva da una visita agli scavi e dai nomi che le donne avevano inciso sui muri delle proprie celle, “un segno –spiega Harper- che non volevano essere invisibili: avevano una storia da raccontare che andava oltre la realtà della violenza e dei soprusi che sopportavano ogni giorno”. Ecco allora una storia centrata sull’importanza di amicizie insperate e sull’insospettabile forza interiore di chi è vittima, un libro che regala una voce a chi in passato non l’ha avuta.
Perché ha scelto di ambientare la storia proprio nel bordello?
A Pompei è un posto con un’atmosfera tutta sua. Se vai quando il sole scotta e c’è tanta gente, forse uno non se ne accorge, io ho avuto la fortuna di andarci di sera con la mia migliore amica. Non c’era nessun altro. Ho avvertito tante cose: le cinque camere, praticamente celle, gli affreschi, i nomi delle donne che vi abitarono incisi sui muri come se volessero a tutti i costi lasciare un segno. Tutto ciò ti fa pensare al divario tra la vita pubblica di queste donne e la loro vita intima, i sogni, le aspirazioni, le speranze. E’ questo l’aspetto che mi interessava. E’ l’unico edificio costruito appositamente per essere un bordello nell’era dell’antica Roma a essere sopravvissuto. Se non ci fosse stata l’eruzione, non sarebbe stato conservato. Mi piace quest’aspetto di Pompei: il Vesuvio ha lasciato tutto così com’era. Sono riemersi momenti di piccola normalità che altrimenti sarebbero andati persi.
In alcuni casi ha utilizzato i nomi che le donne avevano inciso sui muri. E ha scritto le loro storie…
Volevo che avessero l’ultima parola, che a ridere per ultime fossero loro, donne che per varie circostanze erano finite lì dentro. Non sappiamo niente di loro, a parte il nome è tutto inventato. Ci tenevo però a sottolineare che la vergogna della situazione ricadeva non sulle donne ma su chi le aveva obbligate a fare quella vita. Estrazione sociale e studi non ti salvavano dalla schiavitù. A volte bastava essere straniero. Lontano dalle proprie famiglie, il bordello diventava una comunità, e il senso di comunità è fondamentale per sopravvivere. Le protagoniste del mio libro sopravvivono in modo diverso. Nella realtà Vittoria aveva sicuramente un carattere forte se accanto al suo nome aveva inciso victrix, vincitrice.
Tra i personaggi c’è anche Plinio il Vecchio, che forse non poteva mancare in un romanzo ambientato a Pompei.
Mi ha sempre affascinato. Era il comandante della flotta romana di capo Miseno quando si verificò l’eruzione del 79 d.C. Era un uomo con un’insaziabile sete di sapere, una curiosità infinita per tutto e tutti, era come una gazza ladra, si cibava di informazioni. Nella sua “Naturalis historia” ha scritto di tutto, anche di argomenti impensabili tipo la depilazione o la vita sessuale degli animali: 37 volumi enciclopedici. Non sappiamo di lui quanto sappiamo del nipote Plinio il Giovane, ma è chiaro che non c’era nulla su cui non nutrisse interesse. Mi piaceva allora l’idea di costruire un’amicizia completamente platonica tra lui e una delle donne del bordello, Amara.
Amara è la sua eroina, protagonista anche dei libri successivi di questa saga su Pompei. Come è nata?
E’ arrivata così, già pronta, una donna forte, determinata a sopravvivere, greca e quindi straniera, che da piccola aveva studiato ed era cresciuta in una famiglia affiatata e affettuosa. Un fattore importante. Credo sia più difficile lottare quando non sai per cosa. Le esperienze dell’infanzia possono farti sperare in un mondo migliore.
Da dove le arriva quest’amore per il latino?
L’ho studiato per anni a scuola, anche se con il greco non sono mai andata d’accordo. Il mio corso di laurea in Letteratura inglese a Oxford prevedeva anche un’opzione sulla poesia latina e così ho letto per intero Orazio e Catullo, cominciando anche a rendermi conto del debito che gli scrittori britannici hanno nei confronti dei loro predecessori.
Lei lavora come giornalista televisiva. Perché ha scelto come scrittrice di abbandonare l’attualità e dedicarsi a un romanzo storico?
Devo dire che ero preoccupata. Ambientare un romanzo nel passato significa immergersi in un periodo per riuscire a permettere al lettore di trovarsi a proprio agio in un’era diversa. Ho pensato di scegliere un periodo che conoscevo già bene. Pompei mi è sembrato un ottimo punto dove cominciare. Sono molto interessata alla vita e alla condizione delle donne e di tutti coloro che vengono asserviti. In questo Paese i romanzi ambientati nell’antica Roma tendono a occuparsi di imperatori, toghe e uomini. Io ho voluto invece spostare l’accento sulla gente normale e sulle donne.
C’è molto interesse oggi per le lettere antiche: abbiamo letto nuove versioni dei classici dal punto di vista delle voci assenti, come le donne, e visto nuove ambientazioni al cinema e a teatro. Perché, secondo lei?
Oggi accettiamo situazioni che non andrebbero accettate con la giustificazione che allora era così. Lo diciamo delle donne che un tempo non potevano lavorare, o possedere proprietà, lo diciamo dell’impero, della schiavitù, eccetera. I miei libri non vogliono essere una parabola morale, non scrivo del passato attraverso un’ottica moderna, ma ciò che mi sembra chiaro è che se allora non esisteva il femminismo e la schiavitù non era considerata un obbrobrio, la gente sapeva lo stesso che non avere la possibilità di scegliere come vivere la propria vita, o che cosa fare del proprio corpo, era terribile. Lo sapevamo all’epoca dei Greci e dei Romani come lo sappiamo oggi. Mi sembra chiaro che le donne e gli uomini hanno sempre voluto questa libertà, comprendendone il valore per se stessi e gli altri. Eppure ancora oggi il dibattito è sempre lì, basta vedere che cosa sta succedendo negli Usa con l’aborto.
Il progresso è lento?
Per alcuni versi sì, lentissimo.
Paola De Carolis Elodie Harper
Articolo pubblicato ne “La Lettura” del 18 settembre 2022, supplemento culturale del “Corriere della Sera”, a pag. 23.