Il Rinascimento c’è ma noi non lo vediamo
Ricchezza, informazioni e innovazioni crescono. Così come conflitti, disuguaglianza, tensioni sociali. Pericoli e opportunità: un mix che già segnò tutto il Cinquecento. E che ora torna nelle nostre esistenze globalizzate con l’attuale disordine mondiale.
Nella “Repubblica” di venerdì 31 agosto 2018 è stato pubblicato, a p. 37, questo articolo di Ian Goldin, 63 anni, economista e sociologo, nato in Sudafrica e che insegna ad Oxford. E’ autore, con Chris Kutarna di “La nuova età dell’oro” (Il Saggiatore).
Michelangelo, Leonardo e altri artisti del Rinascimento, che 500 anni fa dettero vita a geniali imprese, vissero in un periodo di cambiamento accelerato che ha molto in comune con i nostri tempi. Sotto la spinta irresistibile di una rivoluzione dell’informazione –il torchio da stampa- il Rinascimento fece uscire l’Europa da secoli bui e la trasformò nella regione di gran lunga più progredita del pianeta.
La scienza, le arti e l’economia subirono mutamenti radicali. Si scoprì che il cuore umano era una pompa, non un’anima spirituale. Copernico accertò che la Terra non era il centro dell’universo e che non stava mai ferma e che il sole non le ruotava intorno. Le imprese di Cristoforo Colombo, che scoprì il Nuovo Mondo, e di Vasco da Gama, che schiuse la rotta marittima verso le ricchezze dell’Asia, inaugurarono il primo grande periodo di scambi commerciali globali.
Tuttavia, quei cambiamenti determinarono anche rivolgimenti, incertezze ed estremismi laceranti e provocarono sanguinosissime guerre di religione. Nel Rinascimento, come al giorno d’oggi, i nuovi collegamenti non furono forieri soltanto di opportunità, ma anche di rischi. Su entrambe le sponde dell’Atlantico, ormai avvicinate fra loro, si diffusero malattie nuove e terrificanti: se da un canto i viaggi di scoperta provocarono la morte di gran parte dei nativi americani, dall’altro i vascelli degli esploratori riportarono in Europa la sifilide e altri morbi sconosciuti. Martin Lutero si servì del nuovo potere della stampa per attaccare la Chiesa cattolica puntando l’indice contro la sua corruzione dilagante, e così facendo innescò violenze che infuriarono in tutto il continente provocando nella Chiesa cristiana una divisione che perdura ancor oggi.
Ma la riaffermazione dei valori del Rinascimento –conoscenza, diversità e tolleranza- si concretizzò in un simbolo nel 1504, quando Michelangelo, a Firenze, mostrò la sua celebre statua: essa ritrae Davide nell’atto di riflettere con determinazione su come vincere la sfida senza precedenti che ha di fronte.
Anche l’epoca odierna è caratterizzata dalla competizione: fra le conseguenze positive e negative della globalizzazione e dello sviluppo umano; fra le forze dell’inclusione e dell’esclusione; fra la fioritura del genio e la proliferazione dei rischi. L’eccezionale aumento dei redditi in tutto il mondo si deve a flussi di idee, scambi commerciali, tecnologie e persone che attraversano i confini delle singole nazioni. Il ritmo dell’innovazione è accelerato. La rapidità, la portata e la complessità di questa integrazione hanno vaste implicazioni per le imprese, per i singoli e per le società. Specialmente in Asia, la globalizzazione ha dato impulso a un rapidissimo sviluppo economico. Per la prima volta da millenni, l’aspettativa di vita è aumentata in media di 20 anni a livello mondiale. Al tempo stesso, con la crescente istruzione, occupazione e urbanizzazione delle donne, la fecondità è crollata, e ciò ha determinato il rapido invecchiamento della popolazione sia dei paesi avanzati che di quelli in via di sviluppo. Ora, più il ritmo del cambiamento si fa incalzante e più si aggrava l’arretratezza. Le città e i paesi pieni di dinamismo si proiettano in avanti lasciandosi dietro le città in declino e i paesi in preda alla stagnazione, e ciò acuisce le disuguaglianze.
La globalizzazione diffonde opportunità, ma genera anche una nuova forma di rischio. In Italia e in altri paesi si avvertono ancora gli effetti della crisi finanziaria causata nel 2008 dal crollo delle banche. Ciò dimostra che l’integrazione determina anche interdipendenza e quindi vulnerabilità. Pandemie, attacchi cibernetici e cambiamento climatico sono, al pari del contagio finanziario, un riflesso dei nuovi rischi che accompagnano la globalizzazione.
Il Rinascimento di 500 anni fa fu legato alla prima rivoluzione dell’informazione e alla prima ondata di globalizzazione. Gli stupefacenti progressi e gli inediti rischi che accompagnarono quel processo sono stati mal gestiti, e ciò ha provocato secoli di guerre di religione e di estremismi. Oggi, nel nostro secondo Rinascimento, dobbiamo capire che se non sapremo creare società più inclusive e ridurre i rischi legati ai flussi finanziari, questi supereranno di gran lunga i vantaggi. La risposta non è certo costruire muri più alti: non c’è muro tanto alto da fermare il cambiamento climatico o le pandemie. E comunque i muri alti tengono fuori le idee, le tecnologie, le opportunità economiche e le competenze di cui abbiamo bisogno per un futuro prospero e sicuro. I muri alti ostacolano la nostra capacità di collaborare, essenziale nel momento in cui tutti i rischi che incombono su di noi vanno affrontati con un insieme di interventi nazionali e di iniziative condivise. Viviamo in un’epoca di sfide nazionali e globali senza precedenti. Dobbiamo trarre il coraggio necessario dal Rinascimento, che ha ancora da offrirci insegnamenti vitali. E questo non perché la storia si ripeta, ma perché presenta echi e consonanze. Comprendere il passato può regalarci intuizioni utili ad agire nel presente.
Ian Goldin