La via dello zucchero

La via dello zucchero

Lo storico David Abulafia rievoca la parabola di un bene, dapprima scarso, il cui consumo era riservato a pochi.

 

Lo zucchero è entrato a fare parte della nostra vita quotidiana a tal punto che ci sembra impossibile immaginare un’epoca in cui era un prodotto difficilmente reperibile in Europa occidentale, oppure rappresentava una rarità esotica usata soprattutto per scopi medicinali. Eppure la domanda di zucchero ha contribuito a plasmare il mondo moderno. E’ stato definito come la coltivazione coloniale per eccellenza e associata allo sviluppo del commercio atlantico non solo del prodotto stesso, ma anche degli schiavi adibiti a un lavoro spossante, spesso in condizioni disumane, sia nelle piantagioni che nei primi zuccherifici, stabiliti in Brasile e nelle Barbados, e per finire anche in America del Nord e a Cuba.

Ma la storia dello zucchero è anche la storia del suo passaggio dall’Estremo Oriente, tramite il mondo islamico levantino, fino al Mediterraneo. Entro la fine del secolo XIV lo zucchero era diventato una risorsa pregiata di alcune aree geografiche –Cipro, la Sicilia e parte della penisola iberica. Di qui la coltivazione si diffuse, nei decenni successivi, verso le isole atlantiche di recente scoperta e conquista da parte dei portoghesi e degli spagnoli, come Madeira, Azzorre, Canarie, Capo Verde e Sao Tomé, per poi diventare, in brevissimo tempo, la principale risorsa commerciale del Brasile.

Vorrei concentrare l’attenzione su questo fenomeno iniziale, che potremmo definire la scoperta dello zucchero, e che rimane ancora spesso circondato dal mistero, rispetto alla grande epoca della produzione dello zucchero in luoghi come le Barbados e il Brasile. In altre parole, vorrei soffermarmi sulla rotta seguita dallo zucchero, a mano a mano che la sua produzione si spostava lentamente verso ovest, dall’Asia al Mediterraneo, fino alle piccole isole dell’Atlantico, dove vigeva la coltivazione intensiva, per poi sbarcare, assieme a Cristoforo Colombo, nell’isola di Hispaniola, nelle Grandi Antille. Nel seguire lo spostamento graduale dello zucchero verso occidente ci imbattiamo in un’altra storia, quella del commercio di questo prodotto, le cui ramificazioni sono comprensibili solo se si fa luce sui luoghi della produzione iniziale dello zucchero e sulla sua diffusione da un capo all’altro del pianeta.

L’importanza dello zucchero non è limitata alla sua circolazione come bene commerciale, ma si basa altresì sull’organizzazione molto complessa dell’industria zuccheriera, che richiedeva notevoli investimenti di capitale, sia per assicurare alle fabbriche adeguati rifornimenti di combustibile e di manodopera, sia per acquistare i complessi macchinari necessari alla produzione. Poche erano le località che disponevano di riserve sufficienti di acqua e legname a questo scopo. Alcuni luoghi, in realtà, di acqua ne avevano fin troppa, come scoprirono i portoghesi nell’isola di Sao Tomé, sull’Equatore. Quest’isola vide una massiccia esportazione di zucchero nel secolo XVI, ma la qualità del suo prodotto era pessima. In Portogallo gli acquirenti spesso trovavano insetti morti intrappolati nelle mattonelle di zucchero impregnate di umidità.

La trasformazione della canna da zucchero in pani di zucchero in polvere e sottoprodotti (soprattutto melassa) è un procedimento ad elevato impiego di manodopera, che consiste innanzitutto nell’estrazione del succo di canna, con speciali mulini, seguita dalla bollitura del liquido e dalla produzione dello zucchero con gradi diversi di purezza, a seconda di quante volte il succo estratto viene sottoposto a bollitura. Tutto questo procedimento si effettuava in fabbriche con un caldo infernale e inevitabilmente, nel corso degli anni, questo lavoro venne sempre più spesso riservato agli schiavi, che non potevano ribellarsi. Precedentemente nel Mediterraneo e successivamente nelle Canarie e a Madeira, gli schiavi venivano aggregati agli operai addetti alla lavorazione, poiché in origine la produzione non era basata esclusivamente sul lavoro coatto.

Quello che in passato era stato considerato alla stregua di una spezia rara si trasformò presto in un ingrediente essenziale della cucina più raffinata nelle corti reali europee, in Inghilterra come altrove. Le enormi quantità di zucchero importate in Inghilterra trovarono impiego nelle ricette del secolo XVII, tanto nei budini di riso quanto nelle pietanze a base di carne, oltre che come dolcificante, e andarono a sommarsi alla diffusione dei dolciumi, il cui commercio fiorì tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Con ogni probabilità il marzapane, così diffuso ancora oggi in Sicilia e in Spagna (anticamente prodotto dalle suore nei loro conventi) risale al Medioevo, ma la sua evoluzione non è del tutto lineare. Non dimentichiamo, tuttavia, che uno scrittore fiorentino del secolo XIV, Francesco Balducci Pegolotti, raccomandava caldamente ai suoi colleghi mercanti l’importanza del commercio degli sciroppi e dei dolciumi confezionati provenienti dal Levante, ed è risaputo che il marzapane era già commercializzato nel Mediterraneo occidentale nel secolo XV. Inoltre, in questo periodo si affermò ovunque l’uso medicinale dello zucchero. Entro il 1500 lo zucchero era diventato il dolcificante più richiesto dalle fasce medio alte della società, relegando il miele nella posizione secondaria dove è rimasto fino ai nostri giorni.

Tutto questo era il riflesso dei cambiamenti sociali in atto nell’Europa del Rinascimento, quando si affermò la ricca borghesia che aveva saputo trarre vantaggio dalle trasformazioni economiche emerse in seguito alla terribile pandemia di peste nera. La nuova espansione economica, avviata nel 1400, e forse anche prima, si caratterizzò in tutta Europa per il forte incremento nella domanda di beni di lusso, e per la diffusa curiosità di derrate alimentari non essenziali. Non sorprende, pertanto, che gli esploratori europei abbiano saputo cogliere al volo la vantaggiosa opportunità, quando estesero ai nuovi Paesi dell’Atlantico la coltivazione della canna da zucchero, approfittando della sua crescente e straordinaria popolarità.

 

                                                                  David Abulafia

Abulafia è professore emerito di Storia del Mediterraneo all’Università di Cambridge. Il suo ultimo saggio è “Storia marittima del mondo”, Mondadori 2020.

La parola “zucchero” deriva dall’arabo “sukkar”.

 

Questo articolo è stato pubblicato ne “La Lettura” del 14 agosto 2022, alle pp. 14-15, supplemento del Corriere della Sera.