Le donne di Tiziano (e quelle di Venezia).
Per allestire, a Vienna, una mostra di questa portata ci voleva un tema forte. Non bastava il nome di Tiziano, dal momento che nelle collezioni del Kunsthistorisches Museum se ne possono normalmente vedere già una ventina.
Ma proprio grazie a questo nucleo straordinario di capolavori si poteva tentare di lanciare un nuovo sguardo sull’opera del pittore cadorino. Dando vita a una mostra consacrata sì a Tiziano ma soprattutto alle sue donne, la curatrice Sylvia Ferino-Pagden è così riuscita a ottenere prestiti eccezionali dai maggiori musei del mondo. Il risultato della rassegna in realtà va comunque ben oltre questo soggetto. Esposte in un’intera ala del museo e suddivise in un congruo ma fluido numero di argomenti, le 60 opere realizzate non solo da Tiziano ma anche da maestri che hanno condiviso con lui regione, tempo e cultura, mettono a fuoco il tema della condizione femminile a Venezia nel pieno Cinquecento. Chiave della rassegna è dunque l’immagine della donna, ritratta da Tiziano e dai suoi contemporanei in maniera indipendente, sovente priva di precisa identità eppure poetica, enigmatica e soprattutto sensuale, ben lontana dall’iconografia religiosa che le era stata sinora riservata e altrettanto distante dalla ritrattistica maschile, ancora precisa, austera e celebrativa.
Ecco allora che l’intera sala dedicata alle cosiddette Belle veneziane punta diritto sull’elaborazione da parte di Tiziano di quest’aspetto. Già nel 1510, la sua celebre e misteriosa Violante ammicca allo spettatore, scollata, colta in una disinvolta posa di tre quarti, con una viola profumata al seno e con le dita della mano divaricate a V, richiamo a Venere, alla Virtù, alla sua disponibilità o forse al suo nome.
Grazie ai confronti e alla diagnostica a raggi X sono state messe a fuoco diverse fasi del percorso artistico di Tiziano. E’ stato ad esempio appurato che la celebre Bella degli Uffizi, dipinta attorno al 1534 con opulenti abiti e sfarzosi gioielli, era stata subito da lui replicata ma in seguito spogliata e rivestita per dare anima e corpo a quella discinta Giovane donna in pelliccia, che poi è divenuto uno dei suoi ritratti più fortunati.
Accanto a una decina di sue Belle, eccone altre di Palma il Vecchio, più procaci, costruite e fastose che tanto ebbero successo da venire riprodotte, come l’anonima splendida copia viennese della Bella di Madrid. Meritano una sezione a parte i ritratti con lo specchio, i cui riflessi ancora oggi si prestano a diverse interpretazioni, come nel caso della Vanitas dell’Alte Pinakothek di Monaco, dove è lo spettatore che si deve specchiare e non la Bella, e sul quale sappiamo che ben 30 anni più tardi Tiziano stesso aggiunse perle e gioielli.
La lunga letteratura spesa attorno al suo Doppio ritratto con specchio concavo e specchio piano non ha ancora trovato soluzione alla complessa simbologia che propone. Non sappiamo ancora infatti se con questo arduo gioco di riflessi Tiziano desiderasse privilegiare il rapporto della donna con l’amante, col marito e con se stessa, oppure se volesse ribadire la superiorità della pittura rispetto alla scultura nell’accorato dibattito del paragone delle arti tanto in voga in quegli anni.
Nella sua lunga e gloriosa carriera Tiziano ritrasse anche donne famose, benché non sempre dal vero. Come Isabella d’Este che, non volendo posare da vecchia, nel suo elegantissimo ritratto del 1536 appare come una fiorente ventenne pur essendo una decrepita sessantenne. Non mancano anche i ritratti di famiglia, come i due che il Maestro dedicò alla figlia Lavinia, opere della maturità, necessariamente più austere e indubbiamente meno ispirate. Accanto a tante sue opere troviamo numerosi ritratti e doppi ritratti, firmati da Lotto, Tintoretto, Licinio, Paris Bordone.
La domanda che si sono posti i curatori è quale sia in realtà l’identità di queste donne. Sono mogli, spose promesse o amanti? Cortigiane o nobildonne? Si trattava di ritratti destinati ad essere esposti o fors’anche nascosti? Certo è noto che in Laguna, contrariamente alla terraferma, le donne erano tenute lontane dalla vita pubblica e mondana, e solo grazie alla fortuna dei libri stampati da Aldo Manuzio proprio a Venezia, la loro emancipazione intellettuale riuscì a prendere lento abbrivio.
In mostra non poteva infine mancare la donna nei (pochi panni) della conturbante Venere, un aspetto di indubbio rilievo grazie alla narrazione di alcuni episodi delle Metamorfosi di Ovidio, più volte magistralmente interpretati da Tiziano e da Correggio. Come nella celebre tela del Prado con Venere, Cupido e un organista dipinta nel 1555. Qua Tiziano spinge il gioco del desiderio ai limiti del voyerismo riportando la donna al ruolo di tentarice. Mentre si lascia accarezzare da un premuroso Cupido, la de offre alla vista del giovane il suo corpo interamente svelato, tanto che il musicista preposto a distrarla si distrae invece lui stesso, attratto dalle sue nudità più che dalla tastiera dello strumento. Musica, bellezza, natura, desiderio e amore si fondono in questo capolavoro che annuncia l’ultima sala, dove tutto finisce e tutto inizia.
Giovanna Poletti
Questo articolo è stato pubblicato ne “La Lettura” del 14 novembre 2021, supplemento culturale del Corriere della Sera, a pag. 51.