Lettera a mia moglie, morta dopo lunga e dolorosa malattia,
Luisa mia cara,
pensavamo entrambi, con ingenuità fanciullesca, di poter passare insieme gli ultimi anni della nostra vita, di farci teneramente compagnia giorno per giorno, di assisterci nelle avversità. Invece un destino imprevedibile e crudele ce lo ha negato. Ci restano perciò solo i ricordi, malinconici e nostalgici, felici e pieni di sorprese, appassionati e arrabbiati di una vita intensa, varia, anche contraddittoria, ispirata sempre alla solidarietà, all’impegno civile e alla ricerca culturale.
Ecco gli anni di Roma, 1964-1973. Ricordo quel pomeriggio di ottobre mentre aspettavamo entrambi di sostenere l’esame di Filosofia morale, le prime parole esitanti, poi un chiacchierare più disteso e –dopo qualche giorno- le lunghe passeggiate per la città, le confidenze interminabili, il tuo raccontare ingenuo che mi incantava. Vedevo in te la fanciulla eterna che tanto avevo sognato, timida e insieme sicura delle sue convinzioni, spontanea ma anche testarda, ritrosa ma piena di slanci. Furono quelli giorni e anni bellissimi, nei quali si univano la scoperta di una Roma per me ancora misteriosa e il nostro lento rivelarci, innamorarci e intrecciarci. Ci sposammo nel luglio 1970.
Poi tu nel novembre 1972 partisti per Mestre, coraggiosa e sola, a praticare quel lavoro di docente per il quale avevi studiato e con il quale volevi raggiungere la tua completa autonomia. Io venni da te l’anno seguente, nell’ottobre 1973, deciso a non perderti. Mi rattristava lasciare Roma, gli amici, i legami, gli impegni presi negli anni, ma ero sicuro di voler affrontare con te tutte le incognite che la nuova regione ci presentava, deciso a salvare il nostro matrimonio e la nostra unione.
E quindi gli anni di Mestre, 1973-2003. Un trentennio vario e pieno di imprevisti. Tu sapresti certamente discernere in questo lungo periodo i momenti più interessanti e anche più dolorosi. Io voglio, qui, ricordare la tua impegnata e felicissima esperienza allo Sperimentale “Stefanini”, il tuo bellissimo lavoro di coordinatrice della Ricerca storica pluridisciplinare, le tue bellissime intuizioni, il tuo saper esaltare i saperi e le esperienze di tutti i tuoi colleghi collaboratori, i risultati dei tuoi e vostri lavori. Anche all’Istituto “Luzzatti”, dove avevi voluto tornare nel 1985, hai saputo trovare momenti e occasioni di sorprendente e intelligente iniziativa e di splendide realizzazioni.
E sono arrivati, dopo le nostre pensioni, gli ultimi vent’anni. Avevi già cominciato a lavorare con intensità nell’assistenza ai tuoi genitori, infaticabile e tenace nel superare le mille avversità di quella logorante ma splendida esperienza. E intanto avevamo trovato tempi e spazi per dei viaggi in Europa e Nord-Africa, per delle puntate interessanti nelle regioni italiane: scoperte, rivisitazioni, approfondimenti, spunti perché tra noi si discutesse con felicità di intuizioni e respiro di bellezza. Adesso, mentre scrivo, penso alle tante cose che, pur in tarda età, avremmo ancora potuto costruire insieme e che non riusciremo a realizzare. E ricordo ora con malinconia quella tua frase che mi scrivesti a Natale scorso dal letto dell’ospedale di Mestre: “finché vivrai io sarò accanto a te”.
Nella tua sofferenza e nella tua attesa della morte, però, hai incontrato una squadra di medici e infermiere/i del Dipartimento delle Cure Palliative di Camponogara, Dolo, Mirano, che sono stati meravigliosi per professionalità, competenza, rispetto della persona malata e senza speranza di guarigione, attenzione ai suoi bisogni, capacità di dialogo, delicatezza ed empatia. In un contesto di grave crisi della Sanità pubblica, questo bellissimo esempio di efficienza e umanità va sottolineato con forza.
Questo foglio resterà con te, accanto a te, che dormirai in eterno. E’ la mia dichiarazione d’amore, dolorosa e piena d’affetto. Il nostro amore, voglio riconoscerlo, è stato eros intellettuale e ideale ma anche amore reale, calato nel mondo, agito, vissuto. Desiderio per i nostri corpi e per le nostre persone e desiderio di conoscenza, slancio dell’innamoramento e tensione per il nostro migliorarci insieme. L’amore è forte come la morte, scrivono i mistici: vuol dire che l’amore può vincere la morte? L’amore è cielo (dove “move il sole e l’altre stelle”) o abisso di materia dove ci perderemo entrambi?
Addio, mia amatissima Luisa. Ci ameremo ancora. Un bacio,
Gennaro