“L’Italia del boom”. Sequenza del film, “Il sorpasso”, di Dino Risi, 1962
Il testo è stato estrapolato da un fascicolo di 77 pagine, scritto dagli studenti di due classi seconde del Liceo Sperimentale “L. Stefanini” di Venezia-Mestre, pubblicato in forma di quaderno nella primavera del 1995 e custodito nella biblioteca dell’istituto. Vi si dimostrano, accanto alle inevitabili incertezze del primo approccio di lettura di un testo visivo, originalità e lucidità di analisi, acutezza e sistematicità nell’organizzazione dei dati, una pazienza ammirevole nel ripetere più volte al video-registratore l’indagine sui più diversi aspetti della sequenza e nel fissarne sulla carta le coordinate più significative (associando le abilità legate alla cultura del libro a quelle derivate dalla cultura dello schermo).
Il cinema è l’arte che consente di integrare al meglio l’indagine bibliografica, iconica, musicale, tecnica. Le descrizioni d’ambiente, i paesaggi, i costumi, lo scavo psicologico dei personaggi e delle folle, i movimenti di massa, la stessa tecnica del montaggio offrono ai giovani studenti stimoli e suggestioni per entrare il più possibile nella dimensione quotidiana (fantastica e insieme materialmente elementare) di un fatto e di un’epoca. Questa esperienza di lettura, smontaggio e interpretazione di un testo audiovisivo ha fatto parte di un progetto più ampio di “Letture testuali e con-testuali” (poesia, novella, romanzo, cinema, saggistica, giornalismo, politica, pubblicità, canzoni), attuato in un arco di cinque anni, dal 1993 al 1998, che ha puntato semplicemente ad avvicinare gli studenti ad un uso più attento e critico anche della civiltà delle immagini. Li si è voluti stimolare ad arricchire il loro lessico, con una quotidiana e paziente pratica di lettura, di ascolto, di visione, per contrastare un’espressività orale e scritta sempre più povera e banalizzata. Si è voluto suggerire un metodo di analisi, di concentrazione, di interrogazione di se stessi, di discussione e confidenza con gli altri (che dura da secoli e che oggi, forse, si sta perdendo). Di più, coltivando la fatica dell’interpretazione, lentamente costruiranno la pratica di un continuo approssimarsi alla verità, di una sua messa in discussione, di una necessaria dimensione sociale del pensiero, di una coltivazione di sé (già Leopardi e Gramsci dicevano che lo studio “è un abito acquisito con lo sforzo e il dolore e la noia”).
prof. Gennaro Cucciniello
L’Italia del boom
E’ passato solo un giorno da quando Bruno ha incontrato per caso Roberto. In queste ventiquattro ore, o poco più, Roberto ha scoperto che, oltre alle leggi del diritto, esiste un altro mondo: un mondo dove correre in auto e vagabondare è un passatempo, ascoltare e ballare a ritmo di twist è di moda e che stiamo sorpassando “un’epoca antica” e stiamo per varcare una soglia tecnologica, dove circolano camion pieni di elettrodomestici e macchine che corrono velocissime. Infatti è questo il periodo del boom economico, quando l’Italia cresce per diventare una tra le più sviluppate nazioni del mondo. Roberto conosce un uomo che in poco tempo riesce a cambiare la sua vita. Bruno riesce con la sua spavalderia, il suo modo di fare e le sue battute taglienti a cambiare le idee e persino il carattere di Roberto, ragazzo timido e chiuso.
L’ultima sequenza comincia con un primo piano della strada di cui non si vede nemmeno la fine verso l’orizzonte. Ai lati una vegetazione assai fitta, che a poco a poco svanisce, contrasta con un cielo sereno, privo di nuvole. La Lancia Aurelia, con a bordo i nostri due amici, avanza velocemente nel mezzo della strada, dove c’è la linea bianca che separa le due corsie opposte. Stanno percorrendo un itinerario (la linea) di cui però non si conosce l’avvenire (all’orizzonte non si vede il punto in cui finisce la strada). Gli stessi personaggi spiegano nel loro dialogo che nella vita non si devono fare programmi perché il futuro è sconosciuto ed imprevedibile e quindi non lo si può ipotecare; infatti nel film ce ne sarà una riconferma, data dalla morte inaspettata di Roberto. Durante il tragitto tra gli “evviva e gli urrà” si capisce che Roberto ha assunto un’aria spensierata e molto aperta agli altri (infatti saluta anche un bambino in un furgoncino), molto più felice e gioiosa di quand’era a casa a studiare. Quest’aria di rinnovamento Roberto sembra quasi che la assapori e se la gusti. Per qualche attimo non sorride più e nel suo viso si evidenzia uno sguardo dubbioso e pensieroso, e tocca anche il cornetto portafortuna. Ma anche in Bruno appare questo sguardo, più intenso che in Roberto, e nel seguito pure lui toccherà quel portafortuna. C’è un quasi incidente; il sorriso ritorna come se sorpassare in quelle curve pericolose fosse una droga di cui i due ormai non possono fare a meno. In realtà credo che i due amici si nascondano dietro le risate.
Nel finale tragico il regista passa velocemente da un campo medio a un primo piano: inquadra lo spavento di Bruno che si tramuta in terrore, spiega la morte di Roberto in poche scene. Nel primissimo piano di Bruno notiamo per la prima volta uno sguardo impaurito e malinconico, quello che aveva sempre cercato di tenere nascosto. Le musiche che prevalgono in questa sequenza non sono come quelle dell’intero film; notiamo solo un piccolo accompagnamento durante lo scontro e l’incidente mortale finale. Muore Roberto, un ragazzo semplice e senza pretese, che non sapeva neanche guidare la macchina, vittima innocente di un momento di euforia, un ragazzo che per noi era diventato quasi un amico.
Alessandro M.