Tremate Tremate, Le streghe son tornate
Per la prima volta in traduzione integrale la confessione di Madeleine Bavent, la suora condannata nel ‘600 per satanismo. Ammise cose turpi. Ma ne aveva subite di tutti i colori.
Ne “Il Venerdì” del quotidiano “La Repubblica” del 15 marzo 2019, alle pp. 98-99, è pubblicato questo articolo di Daria Galateria.
La novizia Madeleine Bavent prende l’eucarestia “tutta nuda sino alla cintola”, sollecitata dalle madri e dal direttore, padre David; “e siccome alla piccola grata pensavo di coprirmi almeno con la tovaglia della Comunione, egli me la fece togliere; non solo, poiché allora mi coprii con le mani che avevo libere, mi ordinò di congiungerle”. La storia di Madeleine Bavent, “confessione generale testamentaria degli abomini, empietà e sacrilegi praticati nel Monastero e nei Sabba”, resa nel 1647, è un testo squisito e agghiacciante; lo storico Jules Michelet, nel vituperare a metà Ottocento i processi alle streghe, ne scriveva: “Non c’è libro più importante, più terribile, più degno di essere ripubblicato”. Eppure solo oggi in Italia possiamo leggerlo integralmente con il titolo “La strega”, proposto, con testo a fronte, nella raffinata traduzione e cura della specialista Anna Lia Franchetti, dalle edizioni Clichy.
Racconta dunque Madeleine, dalla sua cella a Rouen, e col sostegno del suo ultimo confessore, il buon sottopenitenziere padre des Marets dell’Oratorio –la religiosa ha ora 40 anni, ed è in attesa del giudizio, forse del rogo- dei suoi inizi nel Monastero di Louviers, dove ardeva entrare; come orfana a 9 anni, e a far cucito fino a 13, riesce, grazie a uno zio giudice del Tribunale di Commercio, a farvisi novizia. Tra le mura della clausura, il direttore David, della setta degli adamiti (eretici cristiani che paragonavano la loro Chiesa al Paradiso terrestre, tenendo perciò le loro riunioni completamente nudi, avversavano il matrimonio e furono accusati di pratiche immorali, sia pure frammiste a un certo ascetismo), predicava che bisognava rientrare nell’innocenza originaria, e ingiungeva alle suore di presentarsi al coro nude, toccarsi impudicamente e compiere atti contro natura. Scrive Madeleine di aver visto praticare la circoncisione su un modello di glande (di pasta, mi sembra”) e farne poi uso perverso; e profanare il Crocefisso e il Sacro Calice.
Madeleine è diventata conversa quando entra nel convento il nuovo direttore Picard; la prima confessione diventa occasione “lubrica”, e –mano sulle sue vergogne- l’inizio di “intimità illecite”. Erano gli anni della caccia alle streghe; ne morirono nel fuoco, tra Quattrocento e Settecento, sessantamila. Cattivi raccolti, pesti, intemperie, carestie scatenavano le persecuzioni popolari contro capri espiatori, ritenuti succubi di Satana: per il 70% donne; la tortura provocava confessioni e denunce a catena. La credenza nel “volo demoniaco” verso il sabba era così diffuso che a metà Trecento Boccaccio nel Decamerone racconta una burla di Bruno e Buffalmacco ai danni del medico Simone: gli fanno credere che una brigata di amici del gran maestro in negromanzia Michele Scoto “va in corso” (in volo stregonesco) ottenendo donne bellissime: basta designarle a Satana, e la regina di Francia o quella d’Inghilterra si presentano adoranti. Simon medico mette gli abiti migliori per il convivio con il demonio: che appare, bestia nera e cornuta, “con un gran saltare e un gran sufolare” (è Buffalmacco mascherato –che ovviamente, appena il dottore, spaventatissimo, gli “sale suso”, lo scarica in una fogna; e ci penserà la moglie a punirlo).
Da metà Quattrocento i processi incrudeliscono. A volte sono causati da migrazioni. Famoso il caso dei baschi riversatisi dalla bassa Navarra francese in Spagna, in fuga da una caccia oltreconfine. L’Inquisitore spagnolo, nel 1611, registrò 1800 casi di autodenuncia, di cui 1384 da parte di bambini sotto i 14 anni- in una regione dove non si erano manifestati precedentemente casi di stregoneria. L’istruttoria si concluse ribadendo le risoluzioni del Concilio di Elvira, che nel 1526 aveva dichiarato impossibile il volo magico.
L’infelice Madeleine, invece, si trovava in Francia, all’epoca di un’ondata di ossessione satanica. Dal 1635, tutti parlavano di Loudun, dove una madre superiora si era persuasa di essere vittima, con le sue consorelle, di possessione diabolica, e aveva accusato di stregoneria il canonico Urbain Grandier: elegante e libertino, nemico del primo ministro cardinale Richelieu. Il fratello stesso del re, Gaston d’Orléans, venne a curiosare; le convulsionarie si rotolavano invocando Belzebù, Asmodeo e Zabulon, traendo lunghe lingue nere, e spergiurando che Grandier mangiava carne di neonati morti senza il battesimo. Grandier era rimasto fermo sotto la tortura, ed era stato condannato al rogo.
Madeleine invece confessa, nel corso di continui interrogatori –di cui evoca l’atrocità con le sue strazianti reticenze; e ne sono espressione i tentativi di suicidio in cella: trangugiando vetro in frantumi, ragni, e veleno per topi. Ammetterà i voli al Sabba, la crocifissione di due aristocratici nemici di Satana e di un bimbo appena nato, inchiodato attraverso ostie trafitte. Confesserà di aver mangiato poppanti arrostiti (ma la loro carne è insipida), e che un gatto trovato sul letto “in posa lasciva” l’ha posseduta nel chiuso della sua cella. Ma invita chi, leggendo, si meraviglierà, di credere e giudicare “ciò che riterrà opportuno”. Invece con palese strazio dice di essere stata indotta a denunciare un innocente – così come lei stessa è stata confrontata a un uomo che l’aveva segnalata come strega: anche lui usciva da un interrogatorio. Era professa, e addetta ai malati dell’Ospedale –è una delle accuse- quando Picard, “rovesciandola con le braccia distese lungo la balaustra della Cappella, si era messo in condizione, in piedi, di accompagnarsi a lei, dopo essersi passata un’ostia sulle vergogne; durante tale azione un gatto si accoppiava a lui dal retro”.
Dopo cinque anni da reclusa in un’immonda segreta, Madeleine viene trasferita in carcere a Rouen, dove morirà: ma il nuovo, pietoso confessore intanto l’ha indotta a stendere il testamento delle sue passioni –rarissima voce di vittima della caccia alle streghe. Se ora li leggiamo, è perché nel 1652 –quando la Fronda contro il cardinale Mazarino genera disordini e licenza- il confessore può pubblicarlo, e dedicarlo nientemeno che alla duchessa d’Orléans, sposata a Gaston, il ribelle fratello del re, e padre di quella Grande Mademoiselle che quell’anno fa tuonare i cannoni della Bastiglia contro il sovrano suo cugino.
Daria Galateria