Vivacità e centralità di Pistoia medievale
Pistoia finora, tra i poli dell’arte toscana –Pisa, Firenze, Siena, Lucca, Arezzo- non aveva mai avuto un’adeguata riflessione sull’insieme della sua produzione artistica dal secolo XII al XIV. Ora, grazie a “Medioevo a Pistoia. Crocevia di artisti fra Romanico e Gotico”, mostra ricca di pezzi importanti, la città si rivela centro di grande rilievo. Una chiave di lettura potrebbero essere le vie del pellegrinaggio, forse anche per l’arrivo a Pistoia, attorno al 1143-1145, di una reliquia di San Giacomo di Compostela che subito diventa polo della venerazione dei fedeli, e grazie alla quale viene realizzato l’altare argenteo di San Jacopo, ora nella cattedrale di San Zeno, un monumento imponente e idealmente collegato alla mostra.
Apre il catalogo un bel saggio di Enrica Neri Lusanna sulla scultura, che propone nuove prospettive. Cominciamo dal pluteo della recinzione presbiteriale della cattedrale, opera raffinatissima della bottega di Guglielmo attorno al 1170, pezzo dall’intenso dialogo con i lacunari delle volte negli edifici romani. La novità di Guglielmo si coglie nella lastra con la Visitazione e L’annuncio a Zaccaria che viene dal pulpito smembrato della cattedrale e che si data attorno al 1170-1180; certo è anche qui evidente il dialogo con l’antico nelle pieghe degli abiti ma emerge sopra tutto l’attenzione alla cultura campionesse, quella che, al Settentrione, si manifesta nel pontile del Duomo di Modena (1180), nel pulpito dell’Antelami alla cattedrale di Parma (1178), nelle figure degli Apostoli al Duomo di Milano e che si collega alla facciata di Saint Gilles in Provenza, attorno al 1180. Per capire la diversità di Guglielmo basta osservare, sempre in mostra, la lastra di Guido Bigarelli da Como con la Natività e la Presentazione al tempio, prima metà del XIII secolo. Il pezzo era parte del pulpito ricomposto da Guido Tigler: ebbene, la scultura è descrittiva, analitica, ancora derivata dai moduli campionesi ma ripetuti stancamente. Di livello più alto è la statua del San Michele Arcangelo che trafigge il drago (1230).
Ecco sculture importantissime a cominciare dal calco della Elevatio animae di un vescovo, opera di Nicola Pisano, già a Berlino, poi portata al Puskin di Mosca dopo la seconda guerra mondiale e mai restituita. La grande rivoluzione di Nicola è qui molto evidente, dialogo col mondo classico nei manti dei due angeli ma anche il volto realistico di un presule, forse quello di Filippo da Pistoia arcivescovo di Ravenna. Un’altra scultura di Nicola Pisano, Francesco che riceve le stimmate, attorno al 1280, propone un naturalismo efficace nella pianta frondosa spostata dal vento, bellissime le scavate vesti del santo, a braccia spalancate di fronte all’apparizione del Serafino. In mostra si propone, dopo un felice restauro, L’angelo che ostenta la testa del Battista, opera di Giovanni Pisano forse dell’ultimo decennio del Duecento; la critica ha pensato a un collaboratore per la figura dell’angelo mentre tutti hanno sostenuto l’autografia della corrusca testa fissata sul disco, ma i confronti dell’Angelo con la scultura francese del ‘200, pur pertinenti, provano solo il dialogo con l’arte dell’Ile-de-France dello scultore che, come è noto, per contrasti con i fabbricieri della cattedrale di Siena, si trasferisce a Pistoia, dove realizza il pulpito per la Pieve di Sant’Andrea (1298-1301), fiammeggiante di tensioni plastiche e quindi ben diverso dal modello, il pulpito di Nicola Pisano al battistero di Pisa, attento al dialogo con l’antico.
E ancora: analizzati da Ada Labriola, un’impressionante serie di manoscritti del maestro di Sant’Alessio in Bigiano dell’ultimo quarto del XIII secolo, le cui miniature sono legate alla cultura bolognese ma anche alla produzione francese del pieno XIII secolo. Questo raffinato maestro mette in evidenza il dialogo, attraverso il monte, fra Pistoia e Bologna anche a livello di Universitas Studiorum.
Della pittura, la cui storia viene finemente disegnata da Angelo Tartuferi, ricordiamo il Compianto sul Cristo morto di Lippo di Beniveni dove il dialogo con il Giotto degli Scrovegni è in grande evidenza; la Madonna col Bambino e Angeli di Pietro Lorenzetti (1340) ancora in dialogo con Giotto, il polittico di Taddeo Gaddi (1353) a San Giovanni Fuorcivitas con Madonna, Bambino, Annunciazione e Santi che evidenzia il peso dell’arte fiorentina su Pistoia e la fine di un’indipendenza anche artistica a lungo mantenuta.
Alla fine della mostra trionfa il reliquiario di San Jacopo di Lorenzo Ghiberti (1407), ma è necessaria una visita in Duomo all’Altare argenteo di San Jacopo dove si incrociano diverse fasi, dal 1287 al 1456; si tratta di un pezzo straordinario di oreficeria realizzato da alcuni tra i maggiori orafi del tardo Duecento e Trecento e dove Filippo Brunelleschi inserisce, nel 1400, due profeti e altre due figure, poco prima di fondere la formella del concorso del 1401 per la porta del battistero di Firenze, concorso vinto da Ghiberti.
Benvenuti dunque a Pistoia dove si intrecciano molte storie e sottili indagini critiche.
Arturo Carlo Quintavalle
L’articolo in questione è stato pubblicato ne “La Lettura”, inserto culturale del Corriere della Sera, del 6 febbraio 2022, alle pp. 30-31.